L’infanzia è un concetto relativamente recente. Infatti, per come la conosciamo noi oggi nel mondo occidentale, è nata solo nel corso del secolo scorso. Prima di allora, i bambini erano considerati degli adulti in miniatura, ma con meno capacità: per esempio, non sanno parlare o camminare come un adulto. Appena queste abilità venivano acquisite, il bambino era un piccolo adulto a tutti gli effetti: veniva coinvolto già a 6 anni nel mondo lavorativo, spesso svolgendo mansioni di manodopera, partecipava alla vita notturna adulta, il linguaggio e gli atteggiamenti nei loro confronti non era censurato come oggi, dove tendiamo a proteggere il bambino da contenuti non adatti all’età precoce, almeno secondo la mentalità dominante.

Come e quando nasce l’infanzia

I primi asili nascono non con l’intento educativo che hanno oggi, ma come luoghi in cui i bambini possano rimanere mentre i genitori sono a lavoro, senza ricevere però alcun tipo di istruzione e spesso badati da persone addirittura analfabete. La figura professionale del maestro e dell’istituzione scolastica come la intendiamo oggi nasce nel primo 1800, in forme ovviamente molto grossolane e primitive. Da quel momento in poi la storia dell’infanzia si evolverà, acquisendo sempre maggiore importanza e attirando sempre più su di sé l’attenzione del mondo adulto, fino ad arrivare alla sua concezione odierna: il bambino è una creatura a sé, da tutelare con precisi diritti umani e infantili come il diritto al gioco, all’educazione, alla protezione, alla vita e alla propria identità.

Nonostante la fatica per arrivare fino a questo punto, però, l’infanzia è in pericolo e rischia di scomparire.

Perché oggi l’infanzia sta scomparendo?

I bambini, oggi, vengono, in molti casi, trattati di nuovo come piccoli adulti.

Basta guardare al numero impressionante di trasmissioni televisive che ritraggono bambini negli atteggiamenti e negli abiti, oltre che nelle fasce orarie, tipici degli adulti: bambini che cantano canzoni d’amore, bambini che partecipano a concorsi di bellezza, tra la gioia e la commozione dei genitori che, orgogliosi, promuovono la loro spettacolarizzazione.

Questo processo che si diffonde a macchia d’olio si chiama adultizzazione, un termine che parla da sé.

Crimine di questa violazione dell’infanzia è anche il massiccio uso dei mass media e dei messaggi che essi veicolano: sempre più genitori, nella crisi economica e culturale che il nuovo secolo sta attraversando, sono sommersi di lavoro, il quale assorbe le energie psichiche e fisiche di questi ultimi.

Così i bambini, invece che accuditi, intrattenuti, supportati, vengono lasciati davanti ad una televisione, un cellulare o un videogioco: lì assorbono gli atteggiamenti, i contenuti e soprattutto il linguaggio tipico del mondo adulto. È così che la dimensione infantile che ha caratterizzato il primo decennio di vita delle ultime generazioni è messo pericolosamente a rischio, e tali tematiche sono state affrontate largamente da vari sociologi e psicologi, come ad esempio lo studioso Neil Postman nell'opera "La scomparsa dell’infanzia".