Si temono ancora gli effetti sconosciuti degli alimenti geneticamente modificati, in primo luogo perchè ancora non li conosciamo bene, in secondo luogo perché gli studiosi presentano pareri discordanti sui loro effetti. Potrebbero aver luogo potenziali danni costituiti dalla sintesi di nuove proteine, legate alla comparsa di allergie ancora sconosciute. Ma se escludiamo le piante modificate per resistere al glifosato, che in ogni caso sono deleterie per l'organismo umano poichè si impregnano di sostanze chimiche dannose, le modifiche genetiche offrono nuove opportunità per la popolazione mondiale.

Un esempio è costituito dal mais OGM: il cereale modificato aumenta la resa e contemporaneamente sembra che riesca a diminuire il contenuto in micotossine rispetto a quello non modificato. Pur essendo manipolato per resistere ai parassiti, per cui sono necessarie meno sostanze chimiche per la sua crescita, non ha un impatto negativo sugli altri insetti non parassiti. Lo ha reso noto la più imponente meta-analisi mai realizzata prima d'ora ed effettuata in più di 20 anni di raccolte dati sulle colture di mais transgenico.

Lo studio pro-OGM

La ricerca che ha raccolto dati di 21 anni di analisi si è rivolta all'impatto agro-ambientale del mais modificato, stabilendo che esso accresce la resa e la qualità del cereale e che riduce il numero di parassiti senza impattare negativamente sulla biodiversità.

Lo studio nasce da ricercatori dell'Istituto Sant'Anna e dell'Università di Pisa, ed è stato pubblicato sulla rivista "Scientific Reports". Sono stati analizzati dati e pubblicazioni sul mais GM, ma anche su soia e cotone, che riguardavano la tolleranza agli erbicidi e la resistenza agli insetti. Si è scelto il granturco come pianta "eletta" dal momento, quella con il maggior numero di geni modificati e, dopo la soia, rappresenta la coltivazione più diffusa al mondo.

Gli OGM sono state commercializzati nel 1996 e, da allora, le colture GM si sono propagate a macchia d'olio in tutto il pianeta fino a raggiungere, nel 2016, cifre come 53,6 milioni di ettari di mais, un terzo di tutto il mais mondiale. Però alcune nazioni si rifiutano di permetterne la coltivazione, pur importando i prodotti modificati, proprio a causa dei dubbi sulla sicurezza.

L'opposizione

Dopo il comunicato diffuso dall'Università di Pisa sull'assenza di rischi per la salute umana da parte del mais OGM, è arrivata un'immediata reazione di alcune comunità scientifiche, tra cui Federbio, la Federazione professionale che cerca di tutelare i prodotti biologici. L'accusa contro lo studio pisano è costituita dal fatto che nel comunicato non esiste alcun dato che supporti l'affermazione di assenza di rischio, mentre si propaganda "la bontà" del mais GM come se si cercasse di convincere i consumatori. La Federbio, invece, sponsorizza i prodotti alimentari ottenuti con tecniche biologiche e bio-dinamiche, secondo le regole stabilite dalla legge. Effettivamente nel comunicato nello studio non si parla di assenza di rischio se non per quanto concerne le aflatossine.

Ma la loro diminuzione non equivale ad un azzeramento del rischio: l'abbattimento è del 30%, il che significa che non è detto che sia sotto il limite d'idoneità stabilito dalla legge. Lo studio pisano si concentra sulla coltivazione e non sugli effetti sulla salute legati al suo consumo, sia per l'uomo che per gli animali d'allevamento. Inoltre la resistenza agli erbicidi causa un incremento del loro uso che determina una forte presenza di sostanze pericolose nelle acque profonde e di superficie, e quindi un'emergenza ambientale.