Forse non tutti i pazienti diabetici insulino-resistenti, siano essi di tipo 1, 2 o LADA, sono a conoscenza che uno dei rischi derivanti dall'abitudine di auto-somministrarsi insulina è la possibilità di sviluppare una condizione patologica più o meno grave chiamata lipodistrofia.

Per i pazienti che soffrono di questa patologia è stata recentemente istituita l'Associazione Italiana Lipodistrofie a Roma, con l'obiettivo di creare uno spazio solidale ma anche di rivolgere l'attenzione pubblica sulla terapia elettiva non ancora approvata dall'Unione Europea.

Vediamo nel dettaglio di che cosa si tratta e quale può essere la causa principale di tale disturbo.

Cos'è

Prima di svelare quale accorgimento possa essere adottato per prevenire o limitare la genesi della lipodistrofia è necessario conoscere qualche nozione tecnica. La lipodistrofia è un patologico e granuloso accumulo di tessuto adiposo al di sotto del primo strato cutaneo che può localizzarsi nei punti in cui il paziente diabetico si somministra usualmente l'insulina. Ciò vale sia per quanto riguarda il tipo di insulina che copre il consumo dei carboidrati presenti e necessari ad ogni pasto, sia quella a lunga copertura, solitamente serale o di metà pomeriggio.

Dal punto di vista strettamente medico la lipodistrofia non è un disturbo che colpisce solo i soggetti affetti da diabete ma al momento è certo che si configuri come una delle potenziali complicanze di questa insidiosa malattia metabolica.

Le zone del corpo maggiormente colpite dalla lipodistrofia sono la pancia e l'esterno coscia mentre le braccia sono soggette a tale rischio con una incidenza sensibilmente inferiore.

Come è possibile prevenirla

Qual'è l'accorgimento che può essere adottato per fare prevenzione ed evitare se possibile tale complicazione? La prevenzione in questo caso è strettamente correlata ai nuovi strumenti utilizzati per auto-somministrarsi insulina.

Gli aghi di ultima generazione previsti e inclusi sempre più facilmente nei piani terapeutici sono quelli da 4 millimetri: trattandosi di aghi particolarmente sottili e adatti esclusivamente alla perforazione del solo strato cutaneo superficiale, il classico pizzicotto che il paziente diabetico ha sempre dovuto fare prima di assumere localmente il suo farmaco salvavita è ora bandito, una assoluta novità per chi non effettua corsi sul diabete insulino-resistente presso la propria struttura ospedaliera di riferimento.

Potrebbe essere proprio il gesto del pizzicotto a favorire lo sviluppo del pericoloso accumulo adiposo. Se il medico diabetologo non ritiene di procedere ad un esame accurato è possibile, come per molte altre patologie, fare prevenzione praticando l'autopalpazione. Con la dovuta attenzione è possibile accorgersi della presenza di una o più sfere di adipe nelle zone più spesso utilizzate.

Infine, è buona prassi non eseguire la puntura sempre negli stessi pochi punti ma informarsi e domandare al proprio curante quanto sia possibile estendere l'area nella quale iniettare il farmaco. Questo dato è assolutamente soggettivo poiché la cute di ogni paziente può tollerare o meno l'estensione della zona riservata alle punture.