"È solo un placebo". Dopo anni di dibattiti su una possibile validità scientifica dell'omeopatia, la Federazione Nazionale degli Ordini dei medici si è schierata verso un netto "no", negando l'esistenza di prove scientifico-biologiche che possano dimostrare la fondatezza della teoria ottocentesca, seguita ormai dal 4% degli italiani.

Una presa di posizione, quella della Fnomceo, per niente condivisa dai medici praticanti, che già negli ultimi anni hanno assistito ad un netto calo percentuale dell'interesse verso questa pratica. Ma cos'è l'omeopatia?

Come agisce un placebo? La risposta a queste domande ci permetterà di far luce sulla tanto dibattuta questione.

Premesse teoriche dell'omeopatia

"Trattare la malattia con la malattia". Questa, in sintesi, è la teoria della disciplina, risultato degli studi del medico tedesco Samuel Hahnemann. La medicina omeopatica, dunque, si fonda sul principio fondamentale (postulato dal suo fondatore e già discusso da Ippocrate molti secoli prima) della legge della similitudine per cui, prendendo come spunto quanto affermato da una nota casa farmaceutica: "una sostanza assunta a dosi ponderali può provocare in un individuo sano sintomi e segni patologici, mentre la stessa sostanza, somministrata in dosi infinitesimali, può guarire una persona malata con gli stessi sintomi".

A tutto ciò, si accompagna un elaborato processo di produzione per il medicinale omeopatico. Risultato di diluizione e dinamizzazione (processi essenziali al fine di preservare le tipiche caratteristiche fisiche), il farmaco, che si presenta in forma granulosa, non viene mai somministrato da solo, a causa del suo effetto strettamente localizzato.

È necessaria, quindi, una cura articolata, frutto di una combinazione di più medicinali, che deve potersi adattare alla natura del problema.

Ecco, quindi, uno dei principali argomenti di discussione riguardo la validità della cura: l'impossibilità nel formulare un percorso terapeutico universale che non debba dipendere dalle caratteristiche del singolo individuo.

L'effetto placebo

Questa è la critica maggiore che i medici rivolgono all'omeopatia, una pratica dai benefici scientificamente non comprovati, risultato di una suggestione psicologica che, neurofisiologicamente parlando, è riassumibile come effetto placebo. Cos'è, come agisce e qual è, in medicina, il suo ruolo?

In breve, si tratta di un effetto psicofisiologico frutto di una sostanza inattiva, placebo, somministrata e presentata come se fosse un vero farmaco, allo scopo di soddisfare il paziente. In altre parole, è la nostra mente a compiere il lavoro, dandoci l'impressione che il prodotto assunto abbia degli effetti benefici, in grado di migliorare il malessere. A dare sostegno al punto di vista dei medici è l'apporto di dosi infinitesimali - in accordo con la teoria omeopatica - considerati insufficienti per far fronte ad un problema.

L'omeopatia può essere pericolosa?

Nel comunicato diramato di recente, la Fnomceo si è soffermata su un altro aspetto importante della terapia, riguardante la sicurezza dei rimedi omeopatici. Sicurezza legata, per lo più, ad eventuali errori di produzione e contaminazione, cause principali di situazioni avverse gravi.

Come se questo non bastasse a mettere in discussione l'affidabilità della cura, i medici hanno anche osservato un effetto collaterale indiretto, ovvero il rischio che la cura omeopatica di malattie serie possa ritardare l'effetto di farmaci efficaci e curativi. In farmacologia, questo fenomeno viene definito tolleranza.