Nel corso della puntata di Report del 16 dicembre, il programma condotto da Sigfrido Ranucci ha affrontato il tema della provenienza e della qualità del pesce che arriva sulle nostre tavole e ha spiegato cosa si cela dietro le differenze di prezzo tra il pesce allevato e quello pescato in mare. Un'inchiesta che è stata portata avanti per analizzare se effettivamente l'Italia rispetta le direttive europee in materia di tracciabilità del pesce e soprattutto capire cosa si nasconde dietro un prezzo più basso di un pesce rispetto ad un altro della stessa specie.

Pesce allevato e pesce pescato in mare

Nel 2017 gli Italiani, che risultano essere i maggiori consumatori di pesce in Europa, hanno mangiato circa 30 kg di pesce a testa. Questo vuol dire che la domanda di pesce ha superato di gran lunga quella che è l'offerta, così per mantenere attivo il mercato si è fatto sempre più ricorso all'allevamento massivo di pesce.

Sebbene i governi di tutto il mondo, compreso il nostro, abbiano obbligato la grande distribuzione e anche i piccoli venditori di pesce, come le pescherie e gli ambulanti, a munire il pesce in vendita di appositi cartelli riportanti informazioni come la provenienza, la caratteristica di essere fresco o decongelato o surgelato, se pescato o di allevamento, oggi la situazione non è poi così trasparente.

È bene sapere che tutte le tipologie di pesce sono sotto inchiesta: il servizio parte dai banchi delle pescherie piccole e della grande distribuzione, dove il colore del pesce esposto dice tanto sulla sua freschezza. Ma il vero inganno ci sta una volta sventrata un'orata, per esempio: nel servizio di Report dall'analisi dell'orata allevata e proveniente dalla Grecia si nota un'eccessiva presenza di grasso nel ventre del pesce.

Al contrario, in un'orata pescata in mare aperto in Italia non vi è alcuna traccia di grassi. Il motivo sta nella differenza di alimentazione: se i pesci di mare si nutrono principalmente di altri pesci e raggiungono i 400 grammi in circa due anni e mezzo, quelli di allevamento impiegano solo 14 mesi. Questo avviene perché vengono nutriti con mangimi contenenti il 16% di grassi, che sono anche di bassa qualità se confrontati con un'alimentazione naturale in mare.

Il persico africano avvelenato del Lago Vittoria

Un'altra verità sconvolgente portata alla luce dall'inchiesta di Report è quella del pesce persico africano, uno dei pesci meno costosi presenti sui banchi pescheria. Il motivo di questo costo così ridotto è legato a diversi fattori, come il basso costo della manodopera e i metodi di allevamento.

È proprio questo secondo aspetto ad essere analizzato maggiormente: grazie all'inviato di Report ciò che emerge è preoccupante perché il Lago Vittoria in Africa è uno dei laghi più inquinati al mondo. Nelle sue acque defluiscono non solo i rifiuti chimici delle numerose miniere di oro presenti nei dintorni, ma anche le acque nere delle città circostanti, ma soprattutto si deve sapere che per pescare quanto più pesce possibile i pescatori versano veleno di notte per raccogliere l'indomani mattina i pesci morti saliti a galla.

Tutte queste sostanze nocive, come antiossidanti, sostanze chimiche, veleni di ogni tipo, entrano nel nostro organismo tramite ciò che mangiamo e anche l'uso massivo di antibiotici per combattere le malattie nei pesci finiscono per sviluppare nell'organismo umano una resistenza agli antibiotici stessi.