Le sanzioni amministrative a carico del contribuente non possono essere disapplicate d'ufficio dal Giudice, anche se vi è incertezza del quadro normativo.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione,  Sez. 6^ civile, con l'ordinanza n. 7067 di oggi 08.04.2015.

Nell'ipotesi di violazione di norme tributarie, i Giudici di legittimità precisano che le Commissioni Tributarie hanno il potere di disapplicare le sanzioni comminate dall'Agenzia delle Entrate solo "quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per per l'equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione".

La fattispecie alla base del provvedimento e la decisione della Corte di Cassazione

Il caso concreto alla base dell'ordinanza della Corte di Cassazione è l'impugnazione, da parte dell'Erario, della decisione della Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, con la quale erano state dichiarate non dovute dal contribuente - una società in fallimento -, le sanzioni tributarie decise a seguito di accertamento ai fini IVA, IRPEF e IRAP.

In primo grado, la società aveva, a sua volta, impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale l'avviso di accertamento ai fini Iva, Irpef e Irap relativi all'anno 2003. 

Secondo i Giudici della Suprema Corte, l'onere di provare la sussistenza di elementi di confusione della disciplina normativa, che crea equivoci in sede di applicazione, "grava sul contribuente, sicché va escluso che il giudice tributario di merito decida d'ufficio l'applicabilità dell'esimente".



Sulla base delle motivazioni sopra esposte, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 08-04, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate e cassato la decisione della Commissione Tributaria Regionale, compensando le spese legali tra le parti.

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