Da giorni non si parla d'altro che dell'acquisto del servizio di instant messenger più diffuso tra gli utenti di telefonia cellulare per la mirabolante cifra di 19 miliardi di dollari da parte del colosso Facebook. La paura più diffusa era quella che i dati degli utenti di WhatsApp sarebbero stati usati per attrarre investitori e inserzionisti, proprio seguendo lo stile che configura attualmente Facebook.

Insomma, è scoppiato un vero e proprio "caso privacy", questione sulla quale l'azienda di Mark Zuckerberg ha un atteggiamento controverso, che gli è già valso in altre occasioni diversi richiami e denunce da parte delle autorità e degli utenti stessi in diversi paesi.

E la conferma ai timori diffusi arrivano dalle pagine del Washington Post. L'Electronic Privacy Information Center (EPIC) e il Center for Digital Democracy, due organizzazioni americane, hanno presentato una denuncia alla Federal Trade Commission sul cambiamento di condizioni di privacy che la vendita di WhatsApp comporterebbe.

I 450 milioni di abbonati al servizio infatti vi avevano aderito a condizioni differenti (basate sulla garanzia di anonimato) da quelle che potrebbe invece imporre Facebook ed essere inseriti in banche dati ad uso commerciale e pubblicitario.

Non a caso 5 milioni di utenti, nel giro di 24 ore, sono passati al concorrente Telegram, ritenuto unanimemente più sicuro per quanto riguarda la salvaguardia dei dati personali.

Una migrazione questa da tenere d'occhio nei prossimi mesi e che potrebbe sancire la nascita di un nuovo gigante sul fronte della messaggistica istantanea.

Gli stessi dubbi erano sorti anche dopo l'acquisto da parte di Facebook di un'altra applicazione di successo: Instagram. E non a torto i consumatori sentono di essere vittima di pratiche ingannevoli.

D'altronde quando si sottoscrive un servizio, si dovrebbe essere certi che le condizioni non cambino ad un eventuale passaggio di proprietà, tanto più per quanto riguarda la gestione di dati personali e il trasferimento degli stessi a terzi per scopi differenti da quelli offerti dal servizio in sé. Sebbene la risposta di Facebook alle accuse non si sia fatta attendere, "WhatsApp opererà come una società separata e onorerà i suoi impegni alla privacy e alla sicurezza", la partita rimane ancora aperta e le organizzazioni a tutela dei consumatori restano sul piede di guerra.