È arrivata dall'Unione Europea un'altra condanna per l'Italia. Questa volta a far entrare il nostro Paese nel novero dei paesi meno in linea con le direttive europee è il mancato rispetto della legge 194 del 1978 sull'aborto. Per la prima volta il Consiglio d'Europa interviene sull'applicazione della legge sull'aborto in Italia e lo fa a chiare lettere in un documento di denuncia nel quale si sottolinea: "A causa dell'elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza l'Italia viola i diritti delle donne che alle condizioni prescritte dalla legge 194, intendono interrompere la gravidanza".
La percentuale dei medici obiettori nel nostro Paese infatti è elevatissima, tanto da sfiorare in alcune regioni una quota dell'85%. In testa ai territori nei quali il diritto della donna ad intraprendere ad interrompere una gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione è praticamente negato troviamo il Lazio, con un'obiezione di coscienza tra i medici che supera il 90%, e la Puglia, dove è praticata dall'89% dei medici.
Nei 36 anni che ci separano dall'approvazione della legge 194, il dibattito sull'interruzione volontaria di gravidanza (ivg) non si è mai del tutto spento e sembra essere rientrato prepotentemente nel dibattito politico più recente, riproponendo talvolta quegli steccati ideologici che nel 1981 avevano caratterizzato la campagna referendaria sulla legge.
Eppure il numero degli aborti è in calo e riguarda in un caso su tre le donne straniere. Questo trend in discesa fa sì che il nostro Paese si posizioni nella parte più bassa della graduatoria dei paesi industrializzati per numero di aborti volontari. Nel 2012 il ricorso all'interruzione di gravidanza ha fatto registrare quasi 106mila casi con una riduzione di circa il 5% rispetto all'anno precedente e di quasi il 55% se ad essere preso in considerazione il 1982, anno che ha segnato il picco delle ivg dopo l'introduzione della 194.