Sarebbero 24 miliardi le foto memorizzate da Google Foto, il servizio di archiviazione online lanciato circa un anno fa dal colosso di Mountain View. In termini di spazio fisico, si parla di 13.7 petabyte, tutti nella categoria “selfie”, e qualcuno ha calcolato che una persona, per vedere tutte le immagini, avrebbe bisogno di 424 anni.

Miliardi di foto, miliardi di megabyte e troppo poco tempo

Quando i numeri sono così grandi si fatica a realizzarne l’esatta dimensione, ma, in questo caso, forse sono sufficienti alcuni paragoni per rendersi conto di cosa si sta parlando.

Partiamo dalla popolazione mondiale, composta al momento da 7.4 miliardi di individui. Avendo a che fare con 24 miliardi di selfie il calcolo pro capite è molto semplice: l’archivio di Google Foto consta di più di 3 selfie per ciascuna persona che al momento si aggira sulla faccia della Terra. Ragionando in termini di spazio su disco, invece, bisogna rendersi conto di cosa sia un petabyte.

Dal momento che tutti, più o meno, abbiamo presente cosa sia il più piccolo megabyte, dovrebbe essere sufficiente dire che un petabyte equivale a un miliardo di megabyte. In merito all’arco temporale, infine, si può osservare che 424 anni fa si era nel 1592. Immaginatevi quindi di iniziare a guardare i selfie in un mondo in cui Caravaggio aveva ventuno anni, non c’erano veicoli a motore, né elettricità, e dell’Australia non si conosceva l’esistenza, e di interrompere la vostra attività circa quattro secoli dopo.

Vi sareste persi qualcosa, diciamo così.

I selfie sono pericolosi, uccidono più degli squali

E dire che i selfie possono addirittura uccidere. Sembra incredibile, ma nel 2015 si sono contate ben 12 vittime decedute nel tentativo di scattarsi una foto. Come fece notare qualche tempo fa il sito Mashable, le persone rimaste uccise per l’attacco di squali sono state, nello stesso periodo, soltanto 8.

Del resto ci si ricorda bene dell’uomo morto in Spagna mentre cercava di autoritrarsi in compagnia dei tori infuriati, o del turista giapponese che passò a miglior vita per essere precipitato nel tentativo di farsi un selfie con tanto di tempio Taj Mahal sullo sfondo. Poi ci sono i danni. Giusto all’inizio dello scorso mese di maggio un 24 enne ha distrutto la statua di Re Sebastiano I davanti alla stazione ferroviaria Rossio a Lisbona: il giovane si è appoggiato alla scultura perché voleva un selfie in compagnia del sedicesimo sovrano del Portogallo e ha finito con il far cadere e mandare in frantumi la statua che se ne stava al suo posto da più di un secolo.

Viene senz’altro in mente il monito che il ministero degli Interni russo ha diffuso non molti mesi fa e che ricordava a tutti che “prima di scattarsi una foto con il cellulare, le persone dovrebbero pensare che rincorrere i like potrebbe farli morire e che la loro ultima foto estrema potrebbe uscire postuma". Numeri alla mano, un richiamo giustificato. Se poi si aggiunge anche la possibilità che farsi un selfie possa comportare dei danni ad altri, persone o cose, il quadro è completo. Anzi no. È con questo che il quadro è completo: se anche fra i 24 miliardi di selfie ce ne fosse uno perfetto, stupendo, memorabile o quel che volete, nel mucchio non lo troverebbe mai nessuno, quindi tanto vale non farlo. Dopotutto, lo diceva Cartier Bresson che sono solo le prime 10 mila fotografie quelle da scartare. 10 mila a testa, intendiamoci.