Dichiarazioni fuori dal comune quelle che arrivano dalla sede del colosso digitale Google; pare che il direttore ingegneristico della casa Ray Kurzwiel abbia scommesso sul reddito “Universale di Base” entro il 2030 per buona parte dei paesi occidentali avanzati. Con questa nomenclatura si definisce una sorta di stipendio minimo elargito a tutti i cittadini, grazie al costante avanzamento industriale nel settore delle automazioni.
Di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di un futuro utopico ma realizzabile di qui a 15 anni (come sostengono anche altri visionari come Elon Musk e Bill Gates) ove la robotica rimpiazzerà le persone sul lavoro, generando dei profitti che verranno redistribuiti alla popolazione, profitti chiamati appunto “Reddito Universale di Base”.
La piramide dei bisogni di Maslow
Una visione decisamente futuristica quella a cui siamo di fronte, ma ben visibile sull’orizzonte degli eventi: l’umanità si sta orientando al mondo della robotica automatizzata, lavoreremo sempre meno ma avremo lo stesso i profitti. Un paradiso insomma, l’immagine del mondo del futuro che oggi ci viene proposta, tuttavia sarebbe meglio prendere in considerazione anche la scienza della mente, quella disciplina che studia gli eventi nell’ottica delle reazioni umane: la psicologia. Da un punto di vista psicologico il futuro automatizzato potrebbe non essere una strada rosea: certo sarebbe il più grande colpo alla povertà della storia dell’umanità, ma proviamo a superare l’evento utopico guardando il mondo un’altra manciata di anni dopo.
L’uomo è psicologicamente orientato a dare uno scopo alla propria vita, scopo che per i più trova forma nella famiglia e nel lavoro, tuttavia la famiglia soddisfa solo alcuni dei punti cardine della piramide dei bisogni di Maslow, ma non la vetta dove risiede l’auto-realizzazione. Secondo l’autore infatti la singolarità dell’individuo supera i successi relazionali e famigliari, perché in qualche modo non portano avanti uno scopo di vita, da un punto di vista psicologico sono più distrazioni e ricerca di un gruppo, nulla a che fare con l’auto-realizzazione.
Lo scopo di una vita
Come dicevamo prima l’uomo cerca uno scopo nella propria vita, un modo per realizzarsi e lasciare una traccia del suo passaggio sul mondo; dare uno scopo a sé stessi non è una presa di decisione scontata, la polivalenza dell’essere umano ci permette di essere qualunque cosa nella vita, e questa decisione conferisce un ruolo e una maschera con cui è possibile l’auto-realizzazione di cui parlava Maslow nei suoi studi sulle necessità dell’individuo.
Il lavoro infatti non è solo un sistema globalizzato per percepire profitti, in un senso più esteso è un modo per dare un senso alla propria esistenza, è la personalizzazione dell’auto-realizzazione.
L’introduzione nel mondo del lavoro di numerosi robot automatizzati potrebbe ostacolare il “bisogno umano” di realizzarsi nel lavoro, creando una situazione senza precedenti nella storia dell’uomo: l’impossibilità di auto-realizzarsi. Si tratta dello scopo della vita, un dettaglio talmente rilevante da condizionare lo stato d’animo dell’uomo dall’alba al tramonto, urgerebbe così trovare un nuovo modo per auto-realizzarsi, per dare un senso a tutto. La nostra tesi è che l’uomo lavorerà sempre, ma per scelta perché è ciò che lo definisce e lo realizza nel mondo.