È possibile prevedere quando moriremo? Secondo Google, sì. I ricercatori della società di Mountain View, infatti, avrebbero sviluppato un nuovo algoritmo basato su innovative di tecniche di IA ("intelligenza artificiale") che consentirebbe agli utenti e ai loro medici di predire la (probabile) data del proprio decesso. In realtà sono già stati pubblicati e sperimentati svariati modelli matematici con questo scopo, ma si sono rilevati estremamente inaffidabili, con un margine di errore nell'ordine anche di un decennio, o del tutto errati. L'algoritmo di Google, invece, avrebbe una precisione che potrebbe raggiungere il 95% se vengono forniti tutti i dati significativi da analizzare.

Di gran lunga superiore rispetto a qualsiasi altro modello sviluppato fino ad ora. Gli input che il software richiede sono i dati significati relativi al paziente, come la sua storia clinica, i casi di malattie gravi o croniche riscontrate nei famigliari stretti, il suo stile di vita (fumo, consumo di alcol e sedentarietà), ma anche il luogo dove risiede e il lavoro che svolge.

La sperimentazione e le critiche

Per sperimentare l'algoritmo, Google ha utilizzato i dati di 216.000 individui adulti recatisi in alcuni ospedali statunitensi nell'arco di un'intera giornata. Ciò ha già scatenato il dibattito fra chi sostiene i vantaggi di queste sperimentazioni e dello sviluppo di questi software e chi teme che ormai si stia andando troppo oltre, muovendo critiche alla stessa Google e agli ospedali che hanno fornito i dati dei propri utenti.

Da un lato, infatti, tramite l'uso di un'applicazione simile, oltre ad individuare la probabile data del decesso di un paziente, si potrebbero anche prevenire numerose malattie. L'insorgere di tali patologie verrebbe previsto dal sistema e ridurrebbe lo spreco di test diagnostici, ottimizzando il sistema sanitario e, soprattutto, permettendo ai medici di prevenire o individuare una malattia grave silente.

Dall'altro lato, però, i dubbi sono molti, in particolare relativi alla privacy degli utenti. I dati medici sono considerati a tutti gli effetti dati sensibili e, in quanto tali, andrebbero protetti. Oltre a questo, si teme l'utilizzo che potrebbero fare di una tecnologia del genere molte aziende assicurative, le quali potrebbero decidere di non "investire" in pazienti che presentino un elevato rischio di mortalità a breve tempo, o facendo loro pagare un canone estremamente alto e, per molti, insostenibile.

Bisogna quindi, come per ogni tecnologia, pesare i pro e i contro di uno strumento così importante, decidendone e limitandone l'uso che, come sostenuto dalla stessa Google, deve essere sempre nell'interesse della vita umana più che del profitto.