Se è vero che la felicità è nelle piccole cose, èaltrettanto vero che queste piccolezze vanno difese come i grandi ideali. È ilcaso di Pet Society, ma andiamo perordine.
Pet Society eraun gioco stile Tamagotchi creato per la piattaforma Facebook dal gruppo Playfish. Lo scopo del gioco PetSociety era accudire un animaletto che il giocatore sceglieva all’inizioper poi svilupparlo a proprio piacimento.
Le azioni base erano dargli damangiare e pulirlo, e con queste due operazioni si ottenevano gettoni che permettevanoal giocatore di ampliare le caratteristiche del proprio personaggio (ad esempiocomprare vestiti, cibi migliori, aumentare la struttura della casa) oltre checrescere di livello.
Questa modalità di ampliamento era possibile anche pagandocon ricariche telefoniche e Paypal, il giocatore quindi poteva acquistare nelvero senso della parola prodotti e opzioni per il suo personaggio.
Il successo del gioco è stato strepitoso, si parla di un piccomassimo di oltre 13 milioni di utenti nelle varie piattaforme che ne avevano acquistatonel tempo i diritti, dei quali ben 8 milioni erano iscritti su Facebook. Sul famoso social network sono proliferati nel giro dipoco tempo gruppi di Pet Society chepermettevano di scambiare oggetti e informavano su ogni anteprima del gioco,facendo quindi di questa applicazione un vero e proprio tormentone.
Nel giugno 2013 PetSociety è stato chiuso, motivo principale l’acquisizione di Playfish daparte della Ea Games che ha puntato su altri giochi.
Gruppi di protesta sono insorti sui vari socialnetwork, come ovvio principalmente su Facebook,con obiettivo quello di far riaprire i battenti al gioco.
Abbiamo iniziatoquesto articolo con l’incipit sulla felicità; con i problemi che ci sono al mondo sembraabbastanza bizzarro infatti che gruppi organizzati (seppur solo virtualmente)alzino la voce per un pupazzetto virtuale protagonista di un social network.Ma, come detto, la felicità è anche e soprattutto in queste piccole e vaneleggerezze della vita, e difenderle è l’essenza di ogni essere umano.
