Si stanno estinguendo gli antichi mestieri. Per esempio:chi si ricorda della legatoria?Lo dicono anche i dati della Confartigianato: oltre 12.500 imprese artigiane chiusetra il2009e il2015, pari a quasi il 10 per cento in meno. Inoltre, negli ultimi sei anni a Torino e provincia i pellicciaisi sono ridotti da 24 a 19 (20 per cento in meno), i fabbricanti di calzature da 12 a 9 (il 25 per cento in meno), i falegnami da 91 a 55 (il 40 per cento in meno), i corniciai da 163 a 106 (il 35 per cento in meno), i ceramisti da 71 a 67 (cinque e mezzo per cento in meno), gli artigiani del marmo artistico e mosaico da 52 a 41 (21 per cento in meno), i produttori di poltrone e divani da 107 a 83 (il 22 e mezzo per cento in meno), mentre alla fine del terzo trimestre 2015 si contavano solo tre orologiai e un solo armatore.
"Non è solo la debolezza dei consumi interni ad ostacolare la ripresa - dichiara Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino - ma l'aumento della pressione fiscale, la burocrazia, i tempi di pagamento da parte della pubblica amministrazione, hanno inciso in modo determinante, causando una moria delle imprese artigiane e l'estinzione di alcuni mestieri". I barbieri resistono ancora, mentre sono scomparsi il cestaio, il fabbro, il carbonaio, lo stagnino.
Questi lavori si possono vedere soprattutto alle Fiere degli Antichi mestierisparse per l'Italia, come quelle di Conzano, Laigueglia, Noli, Piombino, Portoferraio, Gorgonzola. AlMuseo degli antichi mestieridi Pont Canavese si può ammirare l'antica civiltà contadina, messa ancor peggio dell'artigianato.
Qui, nelle sale, la combinazione di manichini con abiti d'epoca ed attrezzi tradizionali ricostruiscegli ambienti di lavoro dei diversi mestieri come l'arrotino, manutentore della posateria domestica, il segantino, adibito al taglio del legno, il "magnin", produttore e riparatore degli oggetti in rame, il ciabattino, il falegname, il fabbro, il vetraio, il minatore, lo spazzacamino.
Le illusioni di un mondo opulento e tecnologizzato
Eppure un paio di anni fa la Provincia di Torino aveva finanziato con 60mila euro i comuni della collina torinese per far fronte alla disoccupazione, valorizzando le antiche professionalità di cui questa realtà è ricca e ha ancora qualcosa da insegnare ai più blasonati corsi universitari.
Basterebbe cancellare il pregiudizio che il lavoro intellettuale sia superiore al lavoro manuale e riscoprire l'idea greca della scientificità della téchne: perché non tutti sanno fare le scarpe, e anche il calzolaio guarda all'idea platonica della scarpa per fabbricarla. Un'altra professionalità che si sta perdendo è quella dell'ombrellaio, simpatica e necessaria figura professionale, o dell'utilissimoidraulico.
È da segnalare il progetto elaborato dal Piano locale giovani, all'interno di "Nuove idee per un territorio che cresce", gestito da una cooperativa che organizza gli incontri e le attività: si possono ammirare gli artigiani che insegnano e tramandano ai giovani la propria arte e la propria tecnica che non si impara, ma si "ruba".Sotto gli occhi di tutti, al giorno d'oggi, ci sono maestranze egiziane e romene, bravissimi lavoratori.
Inoltre, non tutti i ragazzi vogliono continuare a studiare, anche perché è anacronistico il lavoro di ufficio a tempo indeterminato. Il "mea culpa" generazionale dev'essere quello di aver sottratto ai giovani sbocchi lavorativi che ora vanno riscoperti, al di là della globalizzazione e della tecnologia che troppo spesso fanno immaginare un futuro roseo per le nuove generazioni, in un mondo opulento e attraverso le autostrade dell'informazione.