Intelligenza e simpatia, ma anche serietà e grande rigore morale, scientifico e dotato di una parola e scrittura che lo caratterizzavano. Ci lasciaa 88 anni, dopo una lunga malattia,uno dei più grandi economisti italiani, il torineseSergio Ricossa. Mi aveva concesso due interviste: la prima sul diritto di sciopero, nel corso della quale mi aveva risposto portando l'esempio di suo padre che, quando gli altri manifestavano durante gli scioperi, se ne andava a pescare.

La seconda volta mi aveva parlato della scienza economica che aveva sempre insegnato all'università e mi aveva messo in guardia perché l'economia spesso non teneva conto della storia e della demografia.

Era già stato pubblicato "Maledetti economisti", per non addetti ai lavori come me.

"Montanelliano" della prima ora, aveva collaborato fin da subito per "IlGiornale", per poi passare alla"Voce", anche se non condivideva la viscerale antipatia del suo amico per Berlusconi politico. SecondoIndro Montanelli, nel Ricossa scrittore c'erano aspetti riscontrabili anche inMontaigne,VoltaireeRenard. In realtà, Sergio Ricossa non credeva ai paradigmi della nuova economia, ma ripeteva sempre che la rivoluzione industriale aveva migliorato le condizioni di vita, in opposizione ai teoricimarxisti. Non credeva affatto all'illusione di strappare l'umanità dalla propria imperfezione per condurla in un universo senza errori né fallimenti.

In questo senso era un pessimista, un irregolare contro i "virtuosisti" che ritengono di essere moralmente e intellettualmente i migliori.

Un pensiero anticonformista

Ricossa era, invece, un intellettuale umile come umili erano le sue origini, e non sopportava gli intellettuali snob che si perdevano in inestricabili grovigli di parole, mentre lui sapeva rendere semplice il concetto più complesso.

Si rifaceva, nella sua visione, all'economista austriaco Friedrich von Hayek, anch'egli suo amico, il quale riteneva responsabile dell'avversione verso l'economia di mercato, un'interpretazione falsata della rivoluzione industriale. Credeva, invece, nel liberismo economico e soprattutto nella libertà dell'individuo contro l'invadenza dello Stato, ma era anche contro l'egoismo degli evasori fiscali.

Prese anche le distanze da Luigi Einaudi,economista e uno dei primi pensatori liberisticon il libro "Da liberale a libertario", scendendo persino in piazza alla marcia conto il fisco nel 1987 a Torino. Rischiò molto anche fisicamente per difendere i propri principi e rinunciò a onori e incarichi per non scendere a compromessi con le proprie idee.I suoi veri maestri divennero allora i primi economisti inglesi del Settecento che partivano dalla natura umana come Adam Smith,in contrasto con il millenarismo economico di Marx e Keynes da lui demoliti ne "La fine dell'economia".

Sergio Ricossa è stato autore di numerose opere di divulgazione, nelle quali ha osservato e descritto con humour, talvolta irriverente, le vicende economiche e politiche del nostro Paese.

A Torino è ricordata la sua rara eleganza e simpatia, dal vero understatement subalpino e geneticamente anticonformista. Era anche pittore e aveva una prosa inimitabile e leggera, pacata, ma graffiante, ei sui libri si potevano aprire in qualsiasi punto e cominciare a leggerli con gusto da ogni capitolo.

Tra i massimi esponenti italiani dell'economia liberale e liberista, è stato l'autore del monumentale"Dizionario di Economia" della Utet. Dal 2003 al 2011, Ricossa è stato anche presidente onorario dell'Istituto Bruno Leoni, intitolato al filosofo liberale suo amico, e membro della Mont Pelerin Society, organizzazione internazionale per il libero mercato, dove frequentavaFriedrich Von Hayek.