A una settimana dal suo esordio su Rai 4, si possono trarre alcune conclusioni su #Smartlove, il dating show della Endemol Shine Italy andato in onda a partire dal 12 settembre scorso. La Endemol ha già realizzato format simili come ‘L’isola di Adamo ed Eva’ ed è anche la casa di produzione del Grande Fratello nella versione classica e in quella ‘Vip’ che sarà trasmessa a cominciare da lunedì 19 settembre su Canale 5. La formula di Smartlove, per chi non lo sapesse, prevede che due maggiorenni under 25 si scambino gli Smartphone per cercare di scoprire, nell’arco di 24 ore, se sono affettivamente compatibili.
Dopo aver spulciato tra le rispettive chat e app (e aver consultato parenti e amici), si ritroveranno davanti allo stesso tavolo ovale girevole di inizio trasmissione per decidere se proseguire o meno la conoscenza.
Smartlove funziona tecnicamente, meno nei dialoghi
Tecnicamente il format funziona, grazie soprattutto a un montaggio efficace che riesce a tenere il ritmo per l’arco dei 40 minuti di ciascuna puntata. Quello che funziona meno sono i dialoghi. Ma questo dipende dai protagonisti. Se, infatti, la povertà linguistica è pertinente ai messaggi su Whatsapp che si nutrono più di emoticon che di parole, lo è meno nella comunicazione della vita reale. Quando i due concorrenti si esprimono durante Smartlove, si rimane basiti per la pochezza dei concetti e per la sintassi approssimativa.
Sembra che questi ragazzi non abbiano mai letto un libro e che padroneggino un numero di lemmi inferiore a 1000, che vanno dal ‘sei timido’ a ‘sei una ragazza dolcissima’. Assai meno delle 20 mila parole che, secondo la linguistica classica, un madrelingua dovrebbe conoscere e utilizzare.
Smartlove è la spia di un gap culturale delle giovani generazioni?
Nel contadino che cerca moglie questa penuria sarebbe comprensibile. Lo è meno quando a parlare sono laureati, come ad esempio Lorenzo nella puntata del 16 settembre, o studentesse universitarie come la sua controparte Alexa. E poiché non sono i soli, viene da chiedersi se non si tratti di un gap generazionale che Samrtlove non fa altro che rivelare.
Ma un articolo non basta per capirlo o per tentare di dimostrarlo. Certo, si potrà obiettare che il programma non è l’unico reality in cui le persone dimostrino scarsa cultura e che quest’ultima sia una componente poco telegenica. Può darsi. Però, alla lunga, il recinto delle 1000 parole diventa l’anticamera dello sbadiglio seriale.