Flavio Parenti, l'attore che interpreta Tancredi di Sant'Erasmo ne Il Paradiso delle Signore, in un'intervista esclusiva a Blasting News ha parlato dell’impegno che ogni giorno mette per interpretare un personaggio difficile e complesso come Tancredi, dei suoi prossimi progetti e della sua vita privata: è un appassionato di scacchi e sembra che applichi alla vita i principi del gioco: ci si realizza “facendo una cosa bene alla volta”.
Abbiamo anche discusso di videogiochi - sua altra passione - e di romanzi, che scrive perché a differenza delle sceneggiature “non hanno limiti”. E poi del suo amore per gli strumenti musicali, per Roma e di quella volta che ha collaborato con Woody Allen, a Roma appunto.
E infine di sua figlia Elettra.
Lo abbiamo incontrato sul set della serie tv di Rai 1, a nord di Roma, in un giorno caldo di ottobre. L’intervista è stata condensata e corretta per motivi editoriali.
BN: Flavio, partiamo dal lavoro e dal tuo personaggio. Il Paradiso delle signore tratta temi importanti come l'amore, l'ambizione e il potere. Come vive Tancredi queste tematiche?
FP: "L'amore, l'ambizione e il potere sono tre aspetti fondamentali del personaggio di Tancredi.
L'amore nei confronti di Matilde è un amore cupo che sfocia nell'ossessione, nel desiderio di controllo che poi è potere. L'ambizione, invece, non è il suo motore principale, il suo motore principale è l'amore e il potere sull'amore. Il suo desiderio di controllare l'amore che non può essere controllato e dunque ha un destino tragico, in quanto, continuamente si ritrova ad affrontare la sua manifesta incapacità di controllare sé stesso e sua moglie Matilde".
Visti i tuoi numerosi progetti, il recente film Margherita delle stelle, il tuo romanzo e il titolo da campione di scacchi internazionale, che consiglio ti senti di dare alle persone che vogliono realizzarsi?
"Onestamente non lo so perché realizzarsi non so esattamente cosa voglia dire. Io credo che si scopra, quindi direi di fare bene una cosa alla volta.
Qualsiasi cosa va bene perché cominci e cominciando a fare capisci cosa ti piace e cosa non ti piace. Io non mi sento realizzato e non so se sarò mai realizzato perché, come diceva Carmelo Bene, un grande uomo di teatro, il successo è successo, è nel passato e non ci deve interessare. [...] Per riuscirci bisogna fare un percorso di scoperta di tutto ciò che ti circonda e pian piano scopri ciò che ti piace ed ambisci e desideri certe cose ed il desiderio ti spinge".
Quindi ti sei lanciato e hai cercato le tue passioni?
"Sì, assolutamente. I miei desideri da bambino li ho poi realizzati. Ho fondato una società di videogiochi perché mi piacevano molto da piccolo e mi piacciono ancora. Però, sono una piuma al vento, prendo ciò che succede e spesso ciò che credevo mi sarebbe piaciuto tantissimo, poi scopro che non è così.
Tuttavia, nel fare e nell'andare avanti in territori sconosciuti, scopri cose che poi ti piacciono".
Il tuo libro è un sogno che avevi nel cassetto da tanto tempo?
"Io scrivo da tantissimi anni, sceneggiature, film, serie interattive, videogiochi dove curavo la scrittura. Poi, ho capito che dove sono più a mio agio è la scrittura di romanzi, perché non si hanno limiti all'immaginazione. Cosa che quando scrivi una sceneggiatura devi porti il problema della fattibilità ed io invece non voglio avere questo problema, voglio che le mie idee siano libere. Ho scritto un libro che non ho pubblicato, questo è il secondo libro che si intitola La divina avventura che è un romanzo fantastico a tinte spirituali.
Parla della crescita di un ragazza e della deformazione di un uomo saggio che per l'ambizione a diventare perfetto, casca nelle tenebre. Ha avuto un enorme successo online e presto sarà in libreria con una casa editrice (che non ha voluto rivelare, ndr.). Adesso sto scrivendo una saga in cinque volumi che spero uscirà verso luglio”.
Ti rivedi in uno dei personaggi del libro?
"Tutti i personaggi hanno dei frammenti di te perché il libro è una manifestazione di tutto ciò che hai dentro. Bukowski diceva che tutti i suoi personaggi avevano pezzi di sé e per questo le donne che scrivo sono dei mostri, perché non sono una donna. Ciò è vero perché ogni personaggio possiede dei desideri, delle paure e delle fragilità e spesso ognuno attinge da ciò che conosce.
La scrittura, in fondo, è una ricerca interiore, di te stesso, ma serve a manifestare davanti a te stesso qualcosa che era tuo, come uno specchio del pensiero e dell'anima.
Sappiamo che hai anche un blog in cui parli della difficoltà di essere attori e artisti?
Faccio molta autoanalisi e ho un blog che si chiama Diario d'artista che esce due volte a settimana, il lunedì e il giovedì, dove ho condiviso i miei pensieri con chi mi segue parlando delle difficoltà degli artisti, dove fai una vita dove sei alla ricerca di ciò che non conosci, ma anche la difficoltà economica visto che a volte si guadagna e a volte no. In generale di tutto ciò che affronta chi fa una vita votata all'arte".
Pensi che si possa arrivare a conoscersi a pieno?
"La Divina avventura parla proprio della ricerca della perfezione e dell'uomo che cerca di diventare perfetto, si ritrova davanti al suo Dio macchina, il quale gli dice: ‘Tu hai una cosa che io non ho: l'imperfezione. Ed è ciò che ti rende unico. E quindi io penso che per fortuna non possiamo arrivare alla perfezione, essa è la morte. Noi possiamo provare a migliorarci, ambire a migliorarci, ma non arrivare ad essere perfetti perché sarebbe triste e toglierebbe quel margine di potenza che c'è nella vita".
Come è Flavio nella vita privata? Immagino che anche Eleonora sia molto impegnata. Come vi godete vostra figlia Elettra?
"Elettra ce la godiamo quasi sempre, perché non abbiamo mai avuto bisogno di una babysitter finora e perché in un modo o nell'altro o ci sono io o c'è lei o c'è la nonna che aiuta tantissimo.
Ad esempio stasera ho una seratina con lei. Facciamo un sushi, un poké e guardiamo uno dei film di Harry Potter. Le leggo tutte le sere una storia prima di dormire e le dico anche come si raccontano le storie, perché credo che quando non hai un libro in mano saper raccontare una storia può salvarti la vita, come uno strumento musicale".
Quindi quale strumento musicale sai suonare?
"Io ho studiato il violino dagli 8 ai 13 anni, poi ho lasciato e ho suonato il computer. Poi ho studiato la chitarra classica per più di dieci anni. Ho fatto anche un anno alla scuola civica di Milano dove ho studiato pianoforte e solfeggio perché all'epoca il mio desiderio era diventare un violinista".
Sei ancora molto attaccato alla Francia e a Parigi.
La preferisci all'Italia?
"Sono attaccato alla Francia, c'era mia nonna che purtroppo è venuta a mancare l'anno scorso. Viveva in Bretagna perché io sono di origine bretone. Ho una zia che vive a Parigi quindi quando posso vado a Parigi, ma preferisco Roma alla capitale francese per tanti motivi. Prima di tutto mi sento molto più a mio agio a Roma a camminare per strada. Parigi ha un'energia abbastanza cupa soprattutto negli ultimi anni, è davvero una città difficile. Ma è una città viva e piena di cultura. Questo mi manca perché a Roma c'è cultura, ma è antica, invece mi piacerebbe avere più contemporaneità, più cosmopolitismo. Tutto sommato preferisco vivere a Roma".
Hai una scena o un momento particolare della tua carriera da attore che ritieni sia stato un punto culminante o di grande soddisfazione?
"Ho recitato con Woody Allen, per me è difficile da battere. Lui è una specie di Charlie Chaplin, attore e regista. Avere la possibilità di scambiare delle parole in scena è oro vero. Poi tante cose, ho fatto un progetto con Peter Greenaway, folle, però la sua follia me la ricorderò tutta la vita. Ogni progetto porta con sé delle cose belle, ma se proprio devo scegliere, ti dico Woody Allen".