Purtroppo ieri in Pakistan una giovane coppia è stata bruciata viva per presunta blasfemia dalla folla furiosa che li aveva accerchiati; a rendere ancora più tragica la notizia l'informazione che la donna sarebbe stata incinta del quarto figlio. Il fatto è avvenuto nella zona orientale del Pakistan nei pressi di Kot Radha Kishan, per l'esattezza nel villaggio Chak 59: ecco i fatti.

Shahzad (26 anni) e la moglie Shama (24 anni) onesti lavoratori in una ditta di argilla, pochi giorni fa subiscono la perdita del padre di Shahzad; Shama si reca nella casa dello scomparso e dopo aver fatto un po' di ordine e pulizia decide di buttare via alcuni oggetti e carte secondo lei di poco conto, facendoli bruciare in un piccolo falò.

A osservare la scena un musulmano che dopo aver visto ardere alcune pagine del Corano, libro sacro della loro religione, è subito corso ad informare tutti i villaggi circostanti scatenando le ire della folla corsa immediatamente a prendere in ostaggio i due giovani.

Per due giorni, a partire dal 2 novembre, Shahzad e Shama sono stati tenuti segregati nella fabbrica di argilla nella quale lavoravano fino a quando nella mattinata di ieri sono stati picchiati a sangue e poi buttati ancora vivi nel forno utilizzato per cuocere l'argilla. Altri cristiani hanno avvisato la polizia che purtroppo è intervenuta sul posto troppo tardi e ha potuto solo prendere atto della morte della coppia; contestualmente però sono state arrestate più di 30 persone.

La popolazione di religione cristiana in Pakistan ammonta solo al 3% sul totale, vive in condizioni di povertà e compie lavori umili; l'avvocato difensore dei diritti umani Sardar Mushtaq Gill, chiamato sul luogo dai cristiani che hanno assistito, avrebbe affermato che quello attuato è stato un atto di vera barbarie e inciviltà.

Chiede al mondo intero di condannare questo atto che purtroppo negli ultimi anni non è l'unico compiuto contro la minoranza cristiana: nella stessa zona infatti pochi giorni fa l'Alta Corte ha convalidato la condanna contro Asia Bibi (ha 5 figli), anche lei cristiana in carcere dal 2009 per blasfemia, la cui morte fino ad ora è stata rimandata grazie ai continui ricorsi in appello attuati dai suoi avvocati che ora stanno ricorrendo alla Corte Suprema; e da aprile di quest'anno è rinchiuso nel carcere di Faisalab con la stessa accusa anche il cristiano Sawan Masih che però si dice ottimista riguardo la sua liberazione.