I parenti del boss mafioso chiedono alla scuola il diritto di replica dopo un convegno sulla legalità. È accaduto all'istituto Majorana di Avola, in provincia di Siracusa. A raccontarlo è stato lo stesso protagonista, Paolo Borrometi, giornalista siciliano che dal 2014 vive sotto scorta per i suoi servizi di inchiesta e denuncia sulla mafia pubblicati sul sito La Spia.

Il giornalista che gira l'Italia è stato invitato dalla scuola di Avola nell'ambito del progetto 'Semi di legalità' a parlare a una platea di 500 ragazzi raccontando per filo e per segno cosa accade nella loro terra, mostrando chi sono i mafiosi che fanno affari in città.

L'incontro ha provocato la reazione dei familiari di Michele Crapula, boss in galera di cui il giornalista ha parlato, con atteggiamenti dall'intimidazione alla richiesta di replica, non assecondata dalla scuola.

Nella scuola di Avola, zona di mafia del siracusano a parlare di legalità

Paolo Borrometi giornalista siciliano che vive sotto protezione perché ha ricevuto intimidazioni, è stato picchiato da uomini incappucciati, e mafiosi gli hanno bruciato la porta di casa, ha raccontato lui stesso cosa è accaduto sul sito La Spia e in un articolo scritto per l'Agi, agenzia giornalistica con cui collabora.

Borrometi ha raccontato a una platea di 500 studenti chi sono gli uomini e le donne di mafia, (nomi, cognomi, foto) che tengono sotto scacco Avola.

Tra questi Michele Crapula, boss e capomafia, più volte condannato, che anche dal carcere mantiene il controllo del territorio "grazie a dei familiari particolarmente collaborativi", rivela Borrometi. Ai ragazzi ha riferito anche della megavilla del boss confiscata e sequestrata denunciando che sarebbe stata utilissima come caserma, scuola, comunque come simbolo di legalità, ma poco dopo il sequestro è stata completamente distrutta.

Il giornalista ha esortato gli studenti a lottare dicendo loro che Crapula e altri delinquenti non sono Avola; la città è dei cittadini onesti e lavoratori, dei ragazzi e delle ragazze che inneggiano al cambiamento. Parole che non sono piaciute a qualcuno: per cominciare, un familiare del boss ha fatto capolino davanti alla scuola, ma le sorprese non erano ancora finite.

Dalle minacce alla richiesta di poter replicare

"Se non ci fosse da piangere a raccontare questa storia ci sarebbeda ridere", commenta Borrometi. L'assurdo ha raggiunto il culmine infatti quando un 'incaricato' del boss mafioso attualmente in carcere, si è presentato a scuola dopo la conferenza intimando il personale scolastico di consegnargli il video dell'evento.

Di lì a poche ore, Borrometi ha ricevuto pesanti minacce di morte, ovviamente subito denunciate all'autorità. Quindi dalle intimidazioni si è passati alla richiesta 'bonaria' di un contraddittorio: i familiari del boss Crapula infatti hanno inviato una lettera alla scuola in nome della 'par condicio tra antimafia e mafia', chiedendo, oltre alla consegna del video con tutti i partecipanti, nel quale si riconoscono i volti degli studenti, l’organizzazione di una seconda conferenza per permettere loro di esercitare il 'diritto di replica'.

"E spiegare, magari, le ragioni per cui il loro caro delinque - ironizza amareggiato Borrometi - Benissimo ha fatto la scuola a non cedere in una terra in cui i simboli sono tutto".