La scelta di vivere in un Paese straniero impone di verificare la compatibilità dei propri valori con quelli della società ospitante e di accettarne consapevolmente la diversità. E' quanto affermato dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione con una sentenza (Cass. pen., sez I, 15 maggio 2017, n. 24084) che farà sicuramente discutere.

Il caso

La pronuncia della Suprema Corte interviene sul ricorso presentato da un indiano sikh, condannato dal Tribunale di Modena al pagamento di un'ammenda per il porto di un'arma idonea all'offesa (si trattava del coltello kirpan, simbolo religioso della cultura sikh) senza giustificato motivo, in spregio alla disciplina penale in materia di sicurezza pubblica (art.

4, L. 110/1975). L'uomo, fermato dalla polizia locale, aveva rifiutato di consegnare l'arma, sostenendo che si trattasse di un obbligo imposto dalla religione di appartenenza e, come tale, tutelato dall'art. 19 della Costituzione.

La pronuncia

Nel pronunciare l'infondatezza del ricorso, gli ermellini hanno affermato che il porto di un'arma idonea all'offesa, pur se imposto dalla religione dell'imputato, non può essere giustificato là dove tale condotta non risponda "a regole relazionali lecite rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto". In sostanza, la Corte ha ritenuto che se il possesso di un coltello rituale può essere giustificato in un luogo deputato al culto, nel caso in cui il rito praticato lo richieda, non possa dirsi altrettanto nel caso in cui la stessa condotta si realizzi in altro contesto (per esempio, la strada) nel quale non rilevi la funzione religiosa dell'arma.

Pur ribadendo che l'integrazione non imponga l'abbandono dei propri usi e costumi, la Cassazione ha affermato che l'osservanza delle tradizioni di origine da parte dell'immigrato trovi un limite invalicabile nel rispetto dei diritti umani e dei valori propri dell'ordinamento ospitante. La scelta di vivere in un Paese straniero presuppone una consapevole presa d'atto di eventuali diversità culturali e una valutazione di compatibilità tra i propri valori e quelli della società ospitante.

Di conseguenza, un comportamento, seppur lecito nel luogo di provenienza, non potrà essere tollerato là dove si ponga in contrasto con l'assetto normativo del Paese ospitante, specie quando ciò determini nocumento per la sicurezza, per l'ordine pubblico e per la pacifica convivenza.

Le reazioni

Immediate le reazioni del mondo politico.

Condividono il rigore della pronuncia Daniela Santanchè (Forza Italia) e Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia), che parlano di una sentenza "sacrosanta". Più cauti gli esponenti del centrosinistra e della CEI, per i quali sussiste il rischio strumentalizzazioni populiste di un principio "semplice e giusto" (così Emanuele Fiano - PD).