Non fa nemmeno in tempo ad esplodere la bomba lanciata dal Fatto Quotidiano - ovvero l’intercettazione telefonica in cui Matteo Renzi invita il babbo Tiziano a non mentire sul caso Consip - che arrivano diverse e contrapposte interpretazioni delle frasi pubblicate dal giornalista Marco Lillo. Negazioniste e giustificazioniste, ovviamente, quelle dei renziani del Pd; di condanna, al contrario, quelle delle opposizioni politiche come Lega e M5S. Tutto normale e scontato, tranne la versione della telefonata tra i Renzi offerta da Roberto D’Agostino sul suo blog Dagospia.

Secondo il noto giornalista, il segretario del Pd sapeva benissimo che il telefono del padre era intercettato nell’ambito dell’inchiesta Consip. E il linguaggio così “plateale” da lui utilizzato si spiegherebbe solo, secondo Dagospia, con la volontà di difendere se stesso e l’amico Luca Lotti dalle possibili accuse. Il direttore del Fatto, Marco Travaglio, e l’autore del libro di cui è stata fornita oggi la corrosiva anteprima, Marco Lillo, secondo l’opinione di D’Agostino avrebbero creduto alla buona fede di Matteo solo perché la notizia confermerebbe le accuse già emerse contro Tiziano nell’inchiesta Consip.

Il contenuto della ‘Dagonota’

Difficile che Roberto D’Agostino prenda carta e penna virtuali per vergare sul suo blog una nota dal tenore quasi ‘ufficiale’.

Evidentemente la telefonata bollente in cui emerge il ‘complesso di Edipo’ di Renzi figlio nei confronti del babbo, lo ha molto colpito. “Non ti credo”, urla concitato Matteo nella cornetta, quando Tiziano traccheggia nei ‘non ricordo’ sui trascorsi incontri con l’imprenditore Alfredo Romeo (ora in carcere accusato di corruzione).

Per D’Agostino è tutta scena perché, ne è convinto, “la telefonata intercettata fra Renzi padre e figlio è costruita appositamente a tavolino”.

In pratica, continua Dagospia, con quelle parole Renzi avrebbe “scaricato” il padre per difendere “se stesso e Lotti”. “In passato la verità non l’hai detta a Luca (Lotti ndr)”, è l’accusa rivolta al genitore, evidentemente per far emergere la presunta correttezza dell’attuale ministro dello Sport.

Quel “genio della comunicazione” di Matteo, come le definisce D’Agostino, avrebbe poi cercato di ripulirsi l’immagine alle orecchie dei pm pronunciando la frase “le intercettazioni ribadiscono la mia serietà”. Insomma, per difendere una carriera politica, secondo il giornalista, vale anche “buttare a mare” il babbo. L’appuntamento giudiziario con il magistrato Woodcock, conclude la Dagonota, “è solo rinviato”.