Un' importante scoperta è stata fatta da alcuni ricercatori dell'Imperial College di Londra per il trattamento e la cura dei pazienti affetti da depressione cronica. Durante il periodo dell’esperimento, è stato utilizzato un principio attivo presente nei funghi allucinogeni che, in qualche modo, avrebbe la proprietà di poter curare questo tipo di malattia. I risultati di questa ricerca, resi noti dalla rivista Scientific Reports , si sono dimostrati efficaci sui malati che sono stati trattati, per cinque settimane, con questo nuovo metodo .
Il composto psichedelico del fungo ha "resettato" il cervello facendo diminuire l'afflusso sanguigno all'amigdala, che è quell'area responsabile dei processi emotivi legati allo stress e alla paura, producendo una maggiore stabilità del sistema neuronale ad essa collegata.I sintomi depressivi, si sono ridotti drasticamente e a confermarlo è stato il confronto tra le immagini da risonanza magnetica dei cervelli dei pazienti prima, e un giorno dopo l'inizio della cura che ha rivelato cambiamenti nell'attività cerebrale
La psilocibina
E' la psilocibina, la sostanza presente in questa specie di funghi, che ha prodotto questi effetti benefici straordinari. Quando è assorbita dall'organismo , viene, rapidamente, trasformata in psilocina, ovvero in una molecola che è la responsabile dell'insorgenza di alterazioni mentali o vere e proprie allucinazioni che si possono paragonare a quelle causate dalla mescalina e dall'LSD.
La psilocibina venne isolata e scoperta nel 1958 dal chimico svizzero Albert Hoffman su alcuni funghi messicani. Successivamente, la casa farmaceutica Sandoz, nella quale lavorava Hoffman, iniziò a produrla sinteticamente affinché potesse essere impiegata in ambito psicoterapeutico, dai medici. Ma, a causa dei suoi effetti allucinogeni e dell' abuso che ne venne fatto, il suo utilizzo fu ,ben presto, limitato e di seguito, regolamentato per legge.
I funghi magici
L'assunzione incontrollata dei cosiddetti "funghi magici" aumenta , notevolmente, la suggestionabilità nei soggetti che ne fanno uso, provocando conseguenze psichiche imprevedibili come l'euforia, le allucinazioni, le sensazioni di gioia e le alterazioni nella percezione del tempo e dello spazio. Possono causare, inoltre, attacchi di panico, aggressività, psicosi, paranoia e confusione.
Tuttavia, non procurano una dipendenza fisica vera e propria e per questa ragione, è difficile che possano comparire delle crisi di astinenza e grazie anche al loro basso livello di tossicità, possono essere tranquillamente impiegati, per l 'appunto, in campo medico per trattare alcune forme di Depressione come quella cronica sopra descritta. In ogni modo, come ha affermato il ricercatore inglese Robin Carhart Harris coordinatore dello studio: “non esiste un metodo di ‘automedicazione’ e la cura deve essere applicata sotto stretto controllo medico. E' necessario, quindi, procedere con molta cautela poiché la fase di ricerca è solo all'inizio e la strada da percorrere è ancora lunga”, ha concluso Harris.