Negli ultimi tempi, la discussione politica sulla riforma delle Pensioni ha virato decisamente sull’APE proposta dal Governo e sulle altre proposte che prevedono quota 41, quota 100 e così via. La famosa quota 96, per i dipendenti della scuola, ma anche per quelli del privato, sembrava essere finita nel dimenticatoio. La settimana scorsa però c’è stato un importante passaggio parlamentare con una interrogazione dell’Onorevole Gnecchi e con la risposta del Ministero del Lavoro. Vediamo quindi le novità che escono fuori da questo intervento alla Camera.

Quota 96, non solo per i dipendenti della scuola

Per chi si fosse dimenticato, quota 96 è un provvedimento auspicato dai dipendenti del Comparto Pubblico della Scuola, o meglio da molti lavoratori di questo settore. Infatti, i docenti della Scuola sono stati tra i più vessati dalla riforma Fornero. Una vasta platea di lavoratori, che hanno raggiunto i requisiti per la pensione, secondo le regole precedenti alla riforma del Governo Monti, tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2012, si trovano oggi a fare i conti con l’innalzamento delle soglie per la pensione. Quota 96 nello specifico si completa con 60 anni di età e 36 di contributi o con 61 anni di età e 35 di contributi. Tutti i lavoratori che hanno completato questa quota entro il 2012, dovrebbero, secondo i fautori di questa proposta, lasciare il lavoro a 64 anni e 7 mesi, senza attendere gli altri due anni previsti dalla normativa attuale.

La proposta che come dicevamo, inizialmente era appannaggio solo degli scolastici, viene da più parti spinta anche per il settore privato.

L’interrogazione della Gnecchi

Il punto di massima attenzione della quota 96 è il fatto che non basta aver maturato i requisiti anagrafico-contributivi al 2012, ma è necessario essere in costanza di lavoro al 28 dicembre 2011.

Significa che sarebbero esclusi tutti coloro che per un qualsiasi motivo, nonostante abbiano raggiunto quota 96, al 28 dicembre 2011 non erano assunti. La Gnecchi, nella sua interrogazione mirava ad estendere la platea dei beneficiari anche a chi non era al lavoro a quella data, concedendo una salvaguardia a tutti i nati nel 1952 che sono tra le maggiori vittime della Fornero, avendo perso due anni in termini di requisiti pensionistici in pochi giorni, quelli a cavallo tra la vecchia e la nuova normativa.

Il Ministero, rispondendo alla Gnecchi ha quantificato in 55mila la platea dei beneficiari di questo salvagente, non discostandosi per niente dalle previsioni che fece la Fornero, per quella che di fatto risulta essere l’unica deroga prevista dalla sua riforma del decreto Salva Italia di Monti.

Il punto adesso resta sempre quello del secondo requisito necessario, quello della costanza di lavoro. Per la Gnecchi, non essendo questo un requisito impresso dalla Legge Fornero, ma solo da una interpretazione delle norme da parte dellInps, il blocco per questi lavoratori va eliminato. Numerosi sono infatti quelli che nel 2011, non immaginando l’innalzamento delle soglie imposto in maniera così repentina, si erano licenziati prevedendo l’imminente uscita per la pensione. Per il Ministero del Lavoro invece, questo paletto non può essere tolto così facilmente, perché trattasi di una interpretazione letterale del provvedimento così come è stato emanato dalla Fornero.