Siamo sempre nel campo delle indiscrezioni, ma provenendo direttamente dal Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, nonché prima donna della riforma della Pubblica Amministrazione, sono lo specchio fedele della situazione ad oggi della querelle rinnovo del contratto. Sì, si parla ancora dello sblocco del contratto dei lavoratori pubblici atteso da 8 anni. Uno sblocco che deve essere per forza di cose messo in pratica dal Governo, con l’Agenzia incaricata alla contrattazione (Aran), che ha già incontrato una volta i sindacati, dopo l’atto di indirizzo della Madia.

Il punto focale è sempre lo stesso, con gli stipendi dei lavoratori da troppo tempo congelati, con una sentenza della Corte Costituzionale da recepire e con i soldi in cassa che sono pochi. Ecco il punto della situazione, con notizie non certo positive per la stragrande maggioranza degli oltre 3 milioni di lavoratori statali che aspettano l’adeguamento del loro stipendio alla perequazione.

Aiutare i poveri, anche nel Pubblico Impiego

La questione è sempre la stessa, con la coperta troppo corta per rispettare la bozza di intesa siglata a fine 2016 tra Governo e sindacati sulla base di aumenti pro capite, seppur lordi, di 85 euro al mese. Nelle ultime ore la Madia ha lasciato trapelare l’intenzione, suggerita all’Aran, di spingere per sbloccare i contratti e prevedere aumenti per così dire, più generosi, a dipendenti con stipendi più bassi.

Sarebbero quelli che secondo il Governo attuale, ma anche secondo il precedente guidato da Renzi, sono quelli che hanno pagato di più il blocco dei salari. In pratica, aumenti scaglionati in base al reddito dei lavoratori e livellati in basso un po’ per tutti. Questo perché le cifre stanziate nell’ultima manovra finanziaria e quelle messe in preventivo dal DEF, non bastano ad elargire i soldi promessi a tutti.

Nuovi incontri ma soluzioni difficili

Un nuovo summit tra Aran e sindacati è previsto a giorni, ma sembra confermato l’indirizzo a cui deve attenersi l’Agenzia, cioè aumenti al di sotto delle 85 euro a testa per i più poveri, e molto al di sotto per i dipendenti con stipendi più alti. Questo quanto pubblicato sul sito istituzionale dell’Anief lo scorso 9 luglio.

Un problema grave che riguarda tutti i comparti, non solo la scuola, e che costringerà all’ennesimo sacrificio i lavoratori statali. Un contratto bloccato da 8 anni, con una vacanza contrattuale mai pagata per nessuno di questi 8 anni e con lo stipendio che ha perso notevolmente il suo potere di acquisto non adeguandosi alla sopraggiunta inflazione di questi anni. Dall’Anief fanno saper che per esempio, gli ATA, i collaboratori scolastici, percepiscono oggi uno stipendio medio di poco più di 1000 euro al mese, che li assesta all’ultimo posto tra gli statali per ammontare dello stipendio. Uno stipendio che avrebbe dovuto essere del 20% più alto per i susseguenti scatti dell’inflazione di questi ultimi anni.

Lo stesso aumento che è stato concesso per esempio, ai dipendenti del settore metalmeccanico dopo i rinnovi di contratto e le contrattazioni di primo livello. Con un comunicato ufficiale, l’Anief sprona i dipendenti a diffidare il Governo dal perseguire su questa strada, minacciando la richiesta degli arretrati come sentenza della Consulta, potrebbe suggerire, visto che ha definito il blocco del Governo Monti e del Ministro Fornero come incostituzionale.