Una cosa di cui tanto si parla da anni è la necessità di cancellare la Legge Fornero che ha così tanto inasprito la previdenza sociale, quando si tratta di raggiungere i requisiti per le Pensioni. Nelle dichiarazioni di quasi tutti gli esponenti politici di tutti i gruppi parlamentari, viene sempre fuori la teorica volontà di riformare il sistema previdenziale e cancellare la Legge Fornero.
Pensioni, la Fornero è viva e vegeta
Abbiamo utilizzato il termine teoria, perché a conti fatti, la Legge Fornero è ancora oggi viva e vegeta e continua a sortire effetti negativi ed a volte drammatici per i lavoratori che desiderano, giustamente, andare in pensione dopo anni ed anni di lavoro.
Le notizie degli ultimi giorni, insieme alle novità previdenziali entrate in scena o che presto lo faranno, non lasciano presagire nulla di nuovo al riguardo di una ipotetica vera controriforma di quella Fornero. Il futuro appare nero per le pensioni, soprattutto a lungo termine, quando, senza interventi, si dovrà lavorare fino a tarda età.
Pensioni, nuovo summit martedì 11
Il giorno 4 luglio c’è stato un incontro tra Governo e sindacati dove si sono affrontate quasi tutte le problematiche di cui andiamo a trattare, dalle pensioni ai giovani, fino alla temuta aspettativa di vita. Il Presidente dell’Istat Allevi, come riporta l’edizione odierna del Corriere della Sera, conferma, anticipando i risultati delle analisi statistiche del suo Istituto che usciranno a fine anno, che da 2019, i requisiti di accesso saliranno di 5 mesi sia per le pensioni di vecchiaia che per quelle di anzianità.
Se il trend sarà confermato anche negli anni futuri e soprattutto, se non si cancellerà la correlazione tra pensioni ed aspettativa di vita, ipoteticamente, nel 2051 la pensione si centrerà a quasi 70 anni. In pratica, nel 2019, per lasciare il lavoro con la pensione di vecchiaia, serviranno 20 anni di contributi versati e 67 anni (oggi l’età è fissata a 66 anni e 7 mesi).
Stessa sorte per le pensioni anticipate o di anzianità come si chiamavano una volta, con la soglia di contributi necessari che passa da 42 anni e 10 mesi (per le donne 41 e 10 mesi) a 43 anni e 3 mesi (42,3 per le lavoratrici). Questo sarà sicuramente argomento centrale nel prossimo incontro tra Governo e parti sociali, già fissato per martedì 11 luglio.
Inps a rischio tracollo?
La Fornero, quando riformò il sistema, chiese un sacrificio agli italiani, pensionati in prima fila. Un sacrificio da spendere sull’altare della grave crisi economica e dello spread di quegli anni, crisi che oggi, almeno sentendo le parole del Ministro dell’Economia Padoan, sembra in procinto di essere superata. Sempre dalle pagine del Corriere, il Ministro parla di crescita del Pil confermata, con i dati confermati, anche se con un leggero rallentamento da parte dell’Istat. Allora perché siamo ancora a parlare di inasprimenti dei requisiti per le pensioni? Senza contare che la precarietà del lavoro di oggi, farà maturare pensioni sempre più basse per le generazioni future.
Ecco perché si cercano soluzioni alternative come il potenziamento delle pensioni integrative o la creazione di una pensione di garanzia, che sono i punti più importanti della fase 2 di riforma di cui si parla negli incontri istituzionali.
Circolano voci contrastanti
Le voci che circolano sono contrastanti, con il Ministro Padoan che conferma come il peggio sia alle spalle ed il Presidente Inps Boeri che parla di eventuali problemi per l’Istituto nel caso in cui il flusso di immigrati venga bloccato. Sulla questione immigrati, l’Istat prevede che fino al 2065 saranno quasi 15 milioni i soggetti che transiteranno in Italia. Allo stesso anno, però, la popolazione residente in Italia, perderà, sempre secondo le statistiche, quasi 7 milioni di cittadini, per via delle scarse nascite.
Ipotizzare un paese che diventi sempre più multirazziale è facilmente pronosticabile. Per questo motivo Boeri ha dichiarato che senza immigrati, l’Inps potrebbe non riuscire a pagare più le pensioni agli italiani. Il discorso però è particolare, perché Boeri, probabilmente parla degli immigrati regolari, che lavorano e pagano le tasse e che andrebbero a sostituire il malus di introiti Inps derivante dalla diminuzione di popolazione nostrana. L’analisi andrebbe fatta anche sul numero di immigrati non regolari, oppure che non lavorano e che gravano sulle spalle dello Stato per assistenzialismo.