L'articolo di ieri 4 luglio su "L'Espresso", in cui si riprendono questioni patrimoniali del Partito Radicale a partire dalla lettera con cui il tesoriere, Maurizio Turco, ha annunciato ulteriori licenziamenti, ha riacceso i fari sul sempre silenziato movimento di Torre Argentina. Questioni neppure tanto ignote ai frequentatori del Partito, dinanzi alle quali non resta che accodarsi alle richieste di Alessandro Capriccioli e attendere le (non) risposte di rito.

Default politico e non solo

Chi scrive è membro del comitato nazionale di Radicali Italiani da tre anni e, dunque, sfiorato dalle questioni della casa madre, quel Partito Radicale (per non parlare della Lista Pannella) dove si tengono i fili, gestionali e politici, dell'intera baracca.

A tanti militanti interessa la politica, scendere in strada per le proverbiali raccolte firme e nonostante il calo di iscritti ci sono perfino giovani vogliosi di darsi da fare. Magari su temi dove la presenza radicale è stata forte in passato ma si è sbiadita in epoche recenti.

Parliamo quindi di default politico non tanto e non solo del Partito Radicale (nella illegalità statutaria, senza un segretario e senza congressi) ma della sua articolazione italiana: Radicali Italiani. Quest'ultimo è un soggetto politico che non concorre alle elezioni ed è una delle tante associazioni costituenti del Partito Radicale. Che all'interno vi sia una lotta fra fazioni è cosa nota dai tempi della segreteria di Mario Staderini e negli ultimi due anni con il tandem Bernardini-Federico alla segreteria e alla tesoreria (non a caso percepita da alcuni come segreteria bis) si è accentuata.

Chi ha scelto di non schierarsi

In mezzo, quelli che hanno scelto di non schierarsi privilegiando la politica e percorrendo tappe talvolta faticose per trovare uno spazio dove far crescere idee e progetti. Come ad esempio il tentativo di portare il metodo radicale nel dibattito sui diritti degli animali che, negli ultimi mesi, sta vivendo un'impennata grazie a un maggior interesse mediatico.

Alcuni radicali - antispecisti tra cui il sottoscritto ma anche ecologisti o indipendenti - allo scorso comitato nazionale hanno ottenuto il via libera per far partire un'azione politica finalizzata a chiedere: regolamentazione della macellazione rituale in Italia su standard europei e introduzione di visite ispettive in allevamenti e macelli.

Il tutto mediante documentazione e proposte normative, con il coinvolgimento di associazioni e personalità già impegnate con iniziative parlamentari o investigazioni sotto copertura.

Insomma un progetto serio per il prossimo autunno che si sarebbe materializzato dapprima con un incontro pubblico e poi con le iniziative conseguenti, sviluppate da alcuni di quei "piccoli dirigenti" (citando Valerio Federico) che sono tali soltanto se c'è da aprire il portafogli. Se però gli stessi "piccoli dirigenti" ottengono un voto e chiedono l'organizzazione di un evento a "casa" (come dovrebbe essere la sede di Torre Argentina) i dinieghi hanno forma differente: dalla "supercazzola" alla Amici Miei del sempre educato tesoriere al silenzio (prevedibile) della segretaria che non ha neppure risposto "no" alla mail che, quattro mesi prima, preannunciava evento e programma.

In fondo, meglio lisciare il pelo a qualche ricco potentato e rincorrere chi è disposto a versare sostanziosi oboli al Partito; meglio dare spazio ad avvocati di mafiosi o di chi ha fatto saltare pezzi di questo paese che rispettare il voto di un comitato che tornerà a riunirsi fra due settimane e a fingere di fare politica.