Gli studenti italiani e iprofessori di religione vanno poco d’accordo. Che si tratti di uno snobismo che porta a considerare l'ora di religione come una materia irrilevante ai fini scolastici oppure di una sempre maggiore tendenza dei giovani ad allontanarsi dalla fede cristiana i dati sono inequivocabili: quasi un milione di alunni esce dalla classe quando c'è il professore di religione, oltre il 12% dell'intera popolazione scolastica. Il fenomeno poi è ancora più evidente alle scuole superiori dove le classi addirittura si svuotano quasi del tutto.

Ma allora è bene continuare a mantenere una materia facoltativa dai costi non certo irrisori e che sempre meno giovani italiani intendono frequentare?

Ora di religione, il 12% preferisce non farla

La notizia farà sicuramente sorridere i propugnatori della laicità, coloro i quali vorrebbero i crocifissi fuori dalle aule scolastiche, mentre per i fedeli può essere intesa come un campanello d’allarme. Gli studenti che si ritrovano a vagare per i corridoi o a bighellonare nei bagni durante le ore di religione sono certamente una nota di demerito del sistema scolastico italiano, ma al di là dei costi sociali connessi a questa tendenza e all’agnosticismo dilagante, ci sono da considerare i costi veri e propri che lo Stato deve sostenere.

Per mantenere quest’insegnamento lo Stato spenderà per il 2016 una cifra che si aggira attorno ai 700 milioni di euro, una cifra spropositata se si considera che la Buona Scuola ha stanziato per l’ammodernamento degli istituti fatiscenti “appena” 40 milioni.

Cala la frequenza ma aumentano i professori e i loro costi

Quello che lascia maggiormente perplessi tuttavia è la risposta che viene data a tale tendenza: nonostante oltre un decimo degli studenti d’Italia preferisca uscire dalla classe durante l'ora di religione, il numero dei professori di religione (e nondimeno) il loro costo è stato di recente rimpolpato.

A nulla sono valse le proteste del Movimento 5 Stelle che lo scorso ottobre ha presentato al Ministro Giannini una mozione per accorpare le classi che durante le ore di religione presentavano una frequenza particolarmente ridotta. I vescovi dal canto loro non ci stanno si aggrappano alle normative vigenti: nonostante le regole per le composizione delle classi parlino chiaro (almeno 27 alunni per le prime e 22 per le altre classi, diversamente si accorpano) di accorpare le classi non se ne parla, sarebbe, a loro dire, discriminatorio.

Così, se per una problematica come quella dell’edilizia scolastica sono stati stanziati 40 milioni, la spesa relativa all’insegnamento della religione cattolica messa a bilancio è passata da 668,5 milioni del 2015 a 697,4 milioni per l’anno in corso, quasi 30 milioni in più.