Una volta entrati nell'euro non se ne può più uscire, come previsto dall'articolo numero 75 inserito nella Costituzione. Lo stesso impedisce i referendum abrogativi che vadano ad impattare sui trattati internazionali di Maastricht. Ma la situazione è desolante, come il dettaglio successivo dei paesi europei di seguito riportato descrive. Ce ne sono 13 che reclamano una Exit Strategy che non produca quei gravi dissesti finanziari evocati dalle Cassandre.

Sul referendum

Sull'argomento referendum per uscire dall'euro Grillo ha annunciato dal palco del Circo Massimo una raccolta di firme che produca una consultazione da svolgersi entro il 15 dicembre.

Il richiamato articolo 75 sembra non lasciare adito a dubbi di sorta, bocciando sul nascere una simile iniziativa.

Ma una Exit Strategy che renda possibile ritornare alle monete nazionali senza provocare terremoti è possibile. La convinzione del leader 5 stelle nasce da alcune semplici constatazioni di fatto che riguardano da un lato la percentuale di scambi mondiali che avvengono con l'euro ( appena il 13% del totale del pianeta ) e dall'altro le posizioni euroscettiche tra i vari paesi aderenti.

Chi non ci ha guadagnato

Cipro, Croazia, Irlanda, Estonia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia non hanno avuto nessun miglioramento dall'adozione della moneta unica, mentre Svezia, Danimarca, e Gran Bretagna non ne vogliono sentire nemmeno parlare.

Nell'isola cipriota ancora si ricorda il prelievo forzoso imposto ai conti correnti delle banche che hanno sede in questa parte d'Europa con i russi come i maggiori svantaggiati. Convincerli ad un'uscita dalla moneta unica perciò sarebbe facile.

I 13 paesi euro contrari

Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Slovenia e Ungheria hanno espresso le posizioni anti-euro più forti e convinte.

Poi ci sono anche quelli che apparentemente sono in linea con le politiche europee come, Finlandia, Germania e Olanda dove sono in crescita le insofferenze verso l'austerity. I segnali di frenata dell'economia tedesca hanno riacceso le preoccupazioni internazionali e le voci dei conservatori al Bundestag tedesco. Anche qui, mettere d'accordo i governi potrebbe non essere complicato.

La strategia

Nulla impedirebbe di promuovere una consultazione referendaria con proposta di legge annessa di tipo popolare. Ma il rischio sarebbe quello di creare tensioni nei mercati finanziari. Dunque meglio sarebbe sedersi tutti a un tavolo per organizzare un piano di uscita dall'euro che non produca gravi dissesti economici e svalutazioni selvagge delle monete e dei debiti sovrani in mano alle banche centrali. Se non si può agire mediante un referendum allora diventa plausibile che il M5S si faccia promotore di un gruppo di coordinamento di Paesi che presentino al Parlamento Europeo una dichiarazione congiunta di uscita immediata e simultanea dall'euro, appoggiata dall'Ukip di Farage, dove venga fissato preventivamente un cambio parametrato ad un nuovo rapporto di parità con le monete nazionali da ripristinare immediatamente. Basterebbe ricalcolare i debiti sovrani nelle nuove monete il cui cambio è bloccato in partenza. Occorrerebbe solo stabilire l'ora X.