Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, proprio non ci sta a sottostare alle indicazioni dell'Unione Europea in materia economica. “Ognuno faccia il suo mestiere – ha replicato Renzi ai chiarimenti della Commissione Europea -, noi facciamo il nostro e l'Unione si occupi della crisi dei migranti”. Una risposta risentita, quella di Renzi, dopo che da Bruxelles è arrivato un messaggio chiaro: bisogna ridurre le tasse sul lavoro.

Riccardo Puglisi, Ricercatore dell'Università di Pavia e Responsabile politiche economiche di Italia Unica, spiega: “Quello che interessa all'Unione Europea è come si finanziano eventuali tagli di tasse, come si copre quel vuoto, se con tagli di spesa, a mio parere preferibili, oppure facendo deficit.

Chiariamo, in questo caso l'Unione dice la sua perché con questa ipotesi che prevede l'eliminazione della tassa sulla prima casa, aumentiamo il deficit dall'1,4 al 2,2 % , calcolato come differenza tra tendenziale e programmatico. Aumentiamo, dunque, di uno 0,8% che tradotto in euro sono circa 10 miliardi di deficit in più”.

E' possibile?

Ecco dunque che la domanda successiva che in molti si pongono è se sia possibile per le casse dello Stato sostenere un impegno del genere. Per il professore Puglisi il ragionamento è diverso: “E' sostenibile nella misura in cui la finanza taglia la spesa corrente, cosa che non fa perché si orienta verso il deficit e non ritengo che sia il massimo”. Sulle possibili conseguenze a carico degli enti locali, Puglisi fa poi un distinguo: “La questione è che c'è un po' un gioco delle parti tra governo centrale e enti locali.

Il governo ha ragione quando dice che tanta spesa pubblica è a livello di enti locali e la questione sottostante è che ci sono tanti trasferimenti dal governo a enti locali. Modulando, dunque, i trasferimenti tira più o meno la cinghia. Invece dovrebbe essere una corrispondenza locale tra tasse e amministrazioni, una fiscalità diciamo più comunale.

Resta la questione legata alle Regioni che sono forte fonte di spese e sprechi”.

L'Italia porta il peso di una pressione fiscale molto elevata, è un argomento questo da sempre al centro dei dibattiti politici ed economici. Uno dei primi annunci del premier Renzi, infatti, riguardò proprio la riduzione di questo carico. Cominciando dall'Irpef, che assicurava una entrata nelle casse dello Stato pari a circa 150 miliardi di euro all'anno, tanti se messi a confronto con i 100 miliardi provenienti dall'Iva, i 35 miliardi assicurati dell'Irap e i circa 30 miliardi di Ires.

Tra Imu e Tasi, invece, il gettito dichiarato nel 2014 è stato di circa 24 miliardi di euro.

Il tesoretto

Entro il 15 ottobre, comunque, la trattativa tra il premier Renzi, il ministro Padoan e la Commissione Europea, dovrebbe concludersi. Per l'Italia l'obiettivo è quello di ottenere uno sconto sui conti pubblici ricavandone una cifra pari a circa 27 miliardi di euro, cifra che viene già definita da alcuni un nuovo tesoretto. “Tesoretto? Tesoretto de che?”, sbotta Puglisi. “Non c'è, non esiste alcun tesoretto perché si stanno facendo spese in deficit – spiega poi Responsabile politiche economiche di Italia Unica -. Aumenteranno le tasse. E' vero che l'economia va un po' meglio ma quello che il governo fa è aumentare la differenza tra uscite e entrate, spese in deficit insomma, con un 134 % di debito”.

E sulla ripresa economica in atto, Puglisi precisa: “Esiste, è vero. Ma è vero anche che a un certo punto, dopo una recessione, si trovano energie e stimoli per riprendersi, anche grazie a stimoli esterni forti, come quello venuto dalla Banca Centrale Europea, che fa una politica espansiva, emettendo più moneta e dando più risorse a banche affinché possano concedere più prestiti e quindi aiutare le imprese, i cittadini, favorendo la ripresa. Ecco, la forma principale di ripresa viene proprio dalla BCE”.

Su questo argomento il premier si gioca molto dal punto di vista della credibilità, in casa sua e all'estero. Potrebbe essere uno dei temi caldi elettorali.