Ben l’82% dei consumatori sceglie prodotti gluten-free, pur non essendo celiaci (ossia con disordine immunitario di reattività al glutine), per due principali motivi: speranza di perdere peso e ridurre il senso di gonfiore intestinale, tipico della sindrome dell’intestino irritabile (IBS). I dati pubblicati in maggio 2016, sulla rivista North Carolina Medical Journal, hanno mostrato che l’eliminazione del glutine è essenziale per i celiaci e i reattivi al glutine non celiaci, per abbattere i sintomi gastrointestinali (gonfiore addominale, diarrea o stipsi) ed extraintestinali (cefalea, depressione, rash cutanei).

Non ci sono state, però, evidenze cliniche, sull’effetto dimagrante di una dieta priva di glutine. Anzi, a causa di un maggiore apporto calorico degli alimenti senza glutine, è stato rivelato un aumento di peso nei consumatori di questi prodotti commerciali.

Morbo celiaco

E’ una malattia autoimmunitaria ereditaria che colpisce 1 individuo su 133. Il glutine presente nel grano, orzo, segale e derivati, provoca un danno ai villi intestinali del duodeno, deputati all’assorbimento dei nutrienti. La diagnosi viene effettuata mediante ricerca nel sangue degli anticorpi anti-transglutaminasi tissutali, seguita da biopsia dell’intestino tenue per verificare l’atrofia dei villi. I sintomi possono essere intestinali (diarrea o stipsi, meteorismo intestinale, flatulenza), deficienze nutrizionali (ferro, calcio, magnesio, vitamina B12, vitamine liposolubili A, D, E, K), infertilità, rash cutanei, danni neurologici, osteoporosi.

Non solo, ma il ritardo nella diagnosi può portare a complicazioni come la comparsa di altre malattie autoimmunitarie (vedi tiroidite di Hashimoto e artrite reumatoide), dell’osteoporosi e del cancro.

Reattività al glutine non-celiaca (non-celiac gluten-sensitivity, NCGS)

Scoperta nel 2011, attualmente si stima che il 10% della popolazione ne sia colpita.

I sintomi possono essere gli stessi del morbo celiaco, più o meno severi, a seconda della quantità di glutine ingerita. Può essere identificata con il dosaggio ematochimico degli anticorpi anti-gliadina IgA, evidente nella metà degli individui. La dieta ad esclusione di glutine, per un periodo di 2-6 settimane ha migliorato i sintomi; sono stati inseriti, nel contempo, cereali senza glutine (riso integrale, teff, grano saraceno, quinoa, amaranto, avena certificata).

Il problema sono risultati, invece, i prodotti gluten-free, considerati più salutari. Al contrario, è stato dimostrato che molti snacks hanno, da una parte, più calorie (per l’aggiunta di grassi e zuccheri) e aromi (per migliorare la palatabilità), dall’altra pochi micronutrienti. Se si intende eliminare il glutine per prevenzione, bisognerebbe, dunque, selezionare gli alimenti gluten-free meno calorici, possibilmente arricchiti di vitamine (gruppo B e liposolubili) e sali minerali (calcio, magnesio e ferro).