Secondo gli studi epidemiologici, il consumo frequente di patate è stato associato ad un maggiore rischio di guadagno di peso e all'insorgenza del diabete, ma è possibile che nelle analisi non ci sia stato un controllo metodico sul tipo di cottura.
L'effetto del consumo giornaliero di patate non fritte (una porzione al giorno) è stato determinato, per la prima volta, sui parametri cardiometabolici e confrontato con una quantità isocalorica di cereali.
Nello studio clinico condotto su 50 soggetti sani presso il Department of Nutritional Sciences, University Park in Pennsylvania, un gruppo di pazienti riceveva un contorno di patate, e un altro una porzione di cereali raffinati, preparati entrambi senza eccesso di grassi saturi o sodio per quattro settimane; in questo arco temporale non mangiavano altri amidi.
Al termine della ricerca non venivano osservate differenze nei livelli di glucosio a digiuno, insulino sensibilità, lipidi, pressione arteriosa, rigidità arteriosa e peso corporeo. In aggiunta, il consumo di patate migliorava la qualità della dieta in termini di maggiore introito di potassio e fibre.
Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica British Journal of Nutrition nel gennaio di quest'anno.
Effetto delle patate su insulino sensibilità
Si stima che l'introito giornaliero medio di potassio della popolazione sia pari a 2.277 mg al giorno, al di sotto del livello adeguato (donne: 2.600 mg al giorno; uomini: 3.400 mg al giorno).
Il potassio contenuto nelle patate (800 mg in una patata media) incrementava lievemente la secrezione di insulina e l'insulino sensibilità: 2 gr di potassio al giorno ottimizzavano la funzione pancreatica beta cellulare del 10% e contrastavano l'insulino resistenza anche secondo uno studio precedente.
Il potassio influenzerebbe il potenziale di membrana delle cellule beta del pancreas, accentuando il rilascio di insulina.
Studio clinico sul consumo di patate
I pazienti reclutati per lo studio, di circa 40 anni, normopeso (BMI 24.5) oltre a non avere ripercussioni sul peso corporeo, non manifestavano conseguenze cardiometaboliche (lipidi, insulina, indice HOMA di insulino resistenza o PCR, marker di infiammazione vascolare e pressione arteriosa), modifiche nella fruttosamina, marker del controllo glicemico a lungo termine o alterazioni del parametro PWV (pulse wave velocity), marcatore della rigidità delle arterie, predittore degli eventi cardiovascolari.
Per un mese assumevano tutti i giorni una patata media non pelata, cotta al forno o al vapore (200 kcal con 879 mg di potassio, 3.6 gr di fibre, 6.2 gr di proteine, 37 gr di carboidrati, 228 mg di sodio) oppure una porzione di cereali come pane, pasta o riso, orzo e cous cous, sempre 200 kcal (con 119 mg di potassio, 1.5 gr di fibre e 6.0 gr di proteine, 34 gr di carboidrati, 236 mg di sodio).
Inoltre, l'assunzione di patate introduceva una buona quota del potassio raccomandato e contrastava, quindi, le malattie cardiovascolari a lungo termine.
L'inserimento abituale di patate nella dieta come fonte di potassio è anche sostenuto dalle ultime linee guida relative alla prevenzione e gestione della pressione alta.