La vitamina D è necessaria nei processi di calcificazione delle ossa, ma recentemente è stato scoperto che è coinvolta nei meccanismi del sonno e del dolore.

I ricercatori del Dipartimento di Psicobiologia dell’Università Federale di San Paolo di Brasile analizzando studi clinici sui dosaggi di vitamina D nel sangue dei soggetti con problemi di sonno (apnea notturna e insonnia) e in quelli affetti da dolore cronico, come la fibromialgia e l’artrite reumatoide, hanno osservato una correlazione significativa.

I pazienti, sia con disturbi del sonno che con dolore cronico, presentavano livelli insufficienti di vitamina D nel sangue, inferiori a 30 ng/mL.

L’assunzione giornaliera della vitamina migliorava la qualità del sonno e riduceva la percezione del dolore.

Esiste, dunque, un collegamento tra sonno e dolore percepito, nel quale la vitamina D ha un ruolo determinante. Oltre all’esposizione al sole (raggi UVB), una dieta ricca di pesce insieme ad un integratore a base di vitamina D possono supportare chi ha problemi di insonnia e dolore.

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Journal of Endocrinology nel luglio 2017.

Vitamina D, disturbi del sonno e dolore

Secondo le linee guida di Pratica Endocrina, una quantità bassa di vitamina D si associa ad infezioni, malattie autoimmuni, disordini neurologici, neuromuscolari e ad un aumento della sensibilità del dolore (iperalgesia).

L’incremento dell’iperalgesia è stato riscontrato anche nei soggetti con apnea notturna e insonnia: l’apnea, presente in un terzo della popolazione, è caratterizzata da un’ostruzione completa o parziale delle vie aeree superiori, russamento, mal di testa al mattino e bocca secca, danno del sistema cardiovascolare a causa dell’ipossia intermittente, con obesità e avanzamento dell’età come fattori di rischio.

L’insonnia colpisce tra il 15 e il 45 per cento della popolazione, ha come fattori di rischio ansia e depressione, abbassa le difese immunitarie, induce danneggiamento cognitivo e innalza la sensibilità al dolore.

Dati clinici

Coloro che soffrono di insonnia, con una durata del sonno di 5 ore misurata con actigrafo (inferiore a quella raccomandata di 6-8 ore), hanno mostrato un livello ematico di vitamina D minore di 30 ng/mL; in seguito alla somministrazione di una dieta arricchita di salmone e vitamina D, hanno evidenziato una minore latenza del sonno (tempo impiegato ad addormentarsi).

Soggetti con apnea notturna hanno rivelato un BMI elevato (indice di massa corporeo) e una carenza di vitamina; l’uso della CPAP (metodo di ventilazione a pressione costante nelle vie aree utilizzato per contrastare le apnee), terapia di prima scelta per il trattamento dell’apnea, ha indotto benefici sulla qualità del sonno e sul quantitativo di vitamina D, già dopo 7 giorni, sia nei soggetti obesi che non obesi.

Pazienti con fibromialgia e malattie reumatiche (artrite reumatoide e osteoartrite), che ricevono vitamina D tra 1200 e 2400 unità al giorno per l’azione immunomodulante, hanno manifestato una minore iperalgesia ed un ripristino fisiologico del sonno, in termini di latenza e durata.

E’ stato dimostrato che la vitamina D sopprime la risposta proinfiammatoria e stimola quella antinfiammatoria; attenua le condizioni cliniche delle malattie autoimmuni e la sensibilità al dolore, mediante combinazione di eventi infiammatori e immunitari nei tessuti periferici a cui partecipano aree del sistema nervoso centrale. E’, inoltre, un modulatore del sonno, dopo essersi legata ai suoi recettori nelle regioni del cervello che regolano il ciclo sonno veglia.