Dalle pagine del Correre della Sera si svela un nuovo capitolo nero per il ciclismo italiano. Stavolta non c’entra il doping, ma un giro di affari illegali tra le squadre e i corridori, soprattutto i neoprofessionisti. Dall’inchiesta condotta da Marco Bonarrigo risulta una sistematica richiesta di soldi da parte delle squadre verso i corridori dilettanti per farli passare professionisti. Una condotta illegale che poggia sulla disperazione di molti giovani atleti che non riescono a passare al professionismo.

Le accuse dell’inchiesta

L’inchiesta poggia sulla confessione di un agente di ciclisti, che ha rivelato come quasi tutti i suoi 15 corridori pagano per poter correre in squadre professionistiche.

“La maggior parte dei corridori pagano tra 25 e 50.000 euro” ha rivelato l’agente, rimasto anonimo. Più diretta e con un volto è la testimonianza di Matteo Mammini, ex Campione d’Italia tra gli under 23, un talento che però non è mai riuscito a passare al Ciclismo professionistico. “Mi hanno chiesto 50.000 euro per passare professionista, ho chiesto un prestito in banca ma poi ho preferito usare quei soldi per aprire un bar ed ora è questo il mio lavoro” ha spiegato Mammini “Ho lavorato per anni per poter passare professionista ed è bastata una cena con un noto manager italiano per distruggere questo sogno”.

Le repliche tra smentite e ammissioni

L’inchiesta del Corriere svela un mondo sommerso di cui in realtà molti addetti ai lavori sono sempre stati a conoscenza.

Anche l’Associazione dei corridori ha di fatto ammesso l’esistenza di queste pratiche illegali, constatando però che potrà fare ben poco se i giovani corridori continueranno ad accettare qualsiasi proposta fatta dalle squadre professionistiche. Ovviamente dalle squadre sono arrivate delle secche smentite. “Queste cose non esistono nel team Androni, al massimo possiamo prendere un corridore quando ce lo chiede uno sponsor, come è stato il caso di Luca Pacioni” ha spiegato Gianni Savio, Team manager della Androni.

Ma l’immagine delle squadre italiane esce senz’altro malconcia da questa inchiesta.

Perché un corridore paga per passare pro?

La domanda su cui si basa l’inchiesta è il motivo per il quale un giovane corridore, anziché essere stipendiato per diventare un professionista, dovrebbe pagare somme considerevoli per il passaggio da dilettante a pro.

Il motivo è spesso la disperazione. Molti giovani ciclisti investono tutta la loro vita nel sogno del salto tra i pro. A 22-23 anni non vedono nessun futuro fuori dal ciclismo e considerano la fine dell’attività un fallimento. Molti hanno interrotto gli studi, non hanno alternative alla vita del corridore, e sono disposti a qualsiasi cosa pur di passare al professionismo. Anche pagare, con il sogno di raggiungere il successo e con questo anche una diversa situazione economica.