Il nostro pianeta sta correndo un rischio enorme. L'ultimo allarme clima, in ordine di tempo, è stato lanciato da un pool di scienziati che lavora per il Woods Hole Research Center del Massachusetts (Stati Uniti). Gli studiosi sono intervenuti a Bonn, nel corso di un meeting sull'Ambiente e il riscaldamento globale, al quale erano presenti circa 195 Paesi, in preparazione della conferenza internazionale di Parigi del prossimo dicembre. Gli esperti hanno posto l'attenzione sulla situazione del circolo polare artico e, in particolare, sul grosso rischio che si sta correndo a causa dell'eccessivo scioglimento del permafrost.
Il permafrost contiene enormi quantità di carbonio: 'è una bomba a orologeria'
"Il permafrost dell'artico è una bomba ad orologeria". Questo, in sintesi, l'allarme lanciato dagli scienziati affinché, una volta per tutte, i vari Stati del mondo si coalizzino per prendere dei provvedimenti seri e concreti al fine di ridurre le emissioni di CO2 nell'atmosfera. Infatti, secondo gli studi scientifici, al di sotto del terreno ghiacciato del Polo nord, si trova un'enorme riserva di carbonio, circa 1.500 miliardi di tonnellate che, se liberata, farebbe impazzire una volta per tutte il clima del pianeta. L'aumento costante delle temperature sta portando allo scioglimento del ghiaccio e, se si continua ad andare avanti così, si rischia di liberare nell'aria questa enorme massa di gas, che renderà incontrollabile il pericoloso fenomeno del riscaldamento globale.
Per far comprendere quanto sia sconfinata la massa gassosa "conservata" dal permafrost, gli studiosi hanno affermato che essa ha un volume equivalente a circa il doppio rispetto a quanto attualmente già ce n'è nell'atmosfera malata.
Le attuali misure non bastano
La conferenza tenutasi a Bonn è servita a gettare le basi, in vista del grande meeting internazionale di Parigi, per scongiurare grossi pericoli per l'atmosfera e l'ambiente.
Gli Stati si sono accordati per limitare i cambiamenti delle temperature ad un massimo di 2°C al di sopra del livello preindustriale. Alcune figure di spicco di Paesi che hanno preso parte alla convention hanno sottolineato come quest'accordo non sarà sufficiente a combattere il fenomeno del riscaldamento globale. Tra questi, citiamo Gabriel Quijandria, vice ministro dell'ambiente del Perù, il quale ha affermato che nonostante si stiano facendo passi in avanti, questi non stanno avvenendo: "alla velocità che avremmo voluto".
Susan Natali, scienziata facente parte del team che ha esposto il rischio rilascio carbonio dal permafrost verso l'atmosfera, ha ricordato che, se si seguisse concretamente l'obiettivo dei 2°C, questo comporterebbe una riduzione del 30% del permafrost intorno al 2100 e, considerata la situazione in cui versa il problema clima, tale intervento non basterebbe a scongiurare il rischio della dispersione, nell'aria di circa 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio contenute nel circolo artico.