Arriva dall'Ansa in questi giorni una notizia che dovrebbe rallegrare l'intero pianeta e che invece solleva molte perplessità. Si tratta della tanto discussa e combattuta geoingegneria applicata in questo caso alla salvezza della barriera corallina. E' la tecnica chiamata "Solar Radiation Management", illustrata in uno studio pubblicato su "Nature Climate Change". Consiste nell'iniezione di gas nella stratosfera capaci di creare particelle microscopiche per riflettere i raggi solari e abbassare in questo modo, o meglio limitare, l'aumento della temperatura superficiale del mare.
Una tecnica che sa di sconfitta, persa forse la sfida alla diminuzione di Co2
La tecnica, letteralmente "gestione delle radiazioni solari", di fatto andrebbe a sostituire il progetto di far diminuire la concentrazione di anidride carbonica. A prima vista sembrerebbe una sconfitta, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del fondo monetario internazionale sull'entità strabiliante dei finanziamenti alle industrie del petrolio e del gas. Non sembra infatti perseguibile la lotta all'inquinamento se da una parte si finanzia chi di fatto inquina e dell'altra si scelgono tecniche che una larga parte della popolazione mondiale continua a respingere con forza. La spugna, è proprio il caso di usare tale metafora, viene gettata dagli esperti della Carnegie Institution for Science e dell'università di Exeter, secondo i quali anche se si riuscisse ad abbattere la concentrazione della CO2 nell'atmosfera, ciò non sarebbe comunque sufficiente a salvare lo sbiancamento dei coralli.
Il via libera alla geoingegneria che non piace all'ambiente
Ciò che fa letteralmente infuriare una larga parte della popolazione mondiale è la scelta di applicare tecnologie senza considerare le proteste che da più parti arrivano contro questa geoingegneria, cioè la manipolazione del clima e dell'Ambiente.
Pare che vengano sistematicamente ignorati studi che propongono soluzioni alternative del tutto naturali e che si continui a finanziare le stesse grandi industrie che inquinano. Invece di eliminare la fonte dell'inquinamento si continua a dar soldi a chi inquina e per limitare i danni si legittima l'uso di qualunque tecnica, anche se da moltissime persone preoccupate per la propria salute e quella del pianeta arriva la richiesta di uno stop.
L'alternativa naturale alla geoingegneria si chiama symbiodinium thermophilum
Esiste da mesi la conoscenza di un'alga chiamata "symbiodinium thermophilum", trovata dai ricercatori dell'università di Southampton. E' un'alga del golfo persico che farebbe sopravvivere i coralli nelle zone più calde del pianeta. La notizia è stata diffusa proprio dall'Ansa nel febbraio scorso.
L'efficacia di queste alghe è provata, in quanto i coralli che vivono nelle zone popolate dal symbodinium sopravvivono a temperature che sfiorano i 40 gradi. La cosa ancor più particolare è che le alghe in questione combattono proprio quell'effetto sbiancamento tanto temuto dai geoingegneri. La soluzione esiste, ed è naturale, perchè le alghe producono lo zucchero che nutre i coralli, come afferma Jorg Wiedenmann, autore dello studio pubblicato su "Scientific Reports", e contemporaneamente li proteggono, ma si preferisce continuare a sostenere chi inquina e poi a immettere con forza soluzioni artificiali tramite modificazioni contrastate da sempre più persone inascoltate.