Una importante ricerca scientificasull’attività dei vulcani è stata condotta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia in collaborazione con l'Università di Oxford. Dalla ricerca sono emesse novità importanti relative al preavviso dato da un vulcano prima dell'eruzione, preavviso che negli ultimi tempi risulterebbe essersi ridotto nel tempo, un fenomeno che ha attirato l’attenzione di tecnici e scienziati che hanno studiato l’argomento da un’altra prospettiva. Il segnale d’allerta potrebbe essere dato dal cambiamento della composizione dei gas emessi dal Vulcano in superficie, un fenomeno che potrebbe tramutarsi in eruzione nel giro di mesi o, addirittura, giorni.
L’allarme dovrebbe scattare quando il magma inizia a formare bolle di gas, un elemento, questo, che segnerebbe il cambiamento della composizione e che rappresenterebbe, quindi, un segnale di pericolo. Le deduzioni degli esperti che hanno eseguito la ricerca, arrivano dopo un costante monitoraggio del Vulcano dei Campi Flegrei che l’ultima volta eruttò circa 4000 mila anni fa. L’attenzione dei ricercatore è stata puntata sui materiali generati dal vulcano durante la sua ultima eruzione avvenuta nel 1538, cambiando, nella ricerca, prospettiva rispetto al passato e concentrandosi sull’indagine riguardante i cristalli di apatite che ha permesso di ricostruire l’evoluzione del magma nel corso di questi 4 mila anni.
Questo studio, in pratica, smonta le convinzioni del passato secondo cui le eruzioni di un vulcano vengono determinate dal gas che pian piano si accumula sotto creando una pressione nel serbatoio magmatico, un processo che può durare anche centinaia se non migliaia di anni. La recente ricerca, invece, rivela che le condizioni perché si crei una eruzione dipendano anche da altri elementi che possono contribuire ad una eruzione molto più precoce.
Metodologia da applicare nel monitoraggio di altri vulcani
“Questa ricerca – ha spiegato il ricercatore Roberto Isaia, dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia- permette di individuare un metodo diverso da applicare anche su tanti altri vulcani per monitorare la loro attività, dato che l’apatite è un minerale presente in molti sistemi vulcanici. La nuova ricerca spiegherebbe il perché, negli ultimi tempi, alcuni vulcani hanno eruttato dando pochissimo preavviso.