Il polietilene è uno dei materiali plastici più pericolosi per il nostro ambiente perché difficilissimo da smaltire e la cui degradazione ambientale è lentissima. Esiste però un insetto che nello stadio di larva è capace di degradarlo: è la farfalla Galleria mellonella, o Camola del miele. Il bruco è noto ai pescatori che lo usano come esca e viene chiamato anche tarma maggiore della cera. La larva è anche l’incubo degli apicoltori: è un parassita indiretto delle api cioè non si ciba di loro ma mangia la cera diffondendo negli alveari malattie nocive.
La larva dal super sistema digestivo
Nutrendosi di cera d'api il sistema enzimatico del suo apparato digestivo si è evoluto acquisendo la capacità di spezzare dei legami chimici simili a quelli del polietilene, o PE, una delle plastiche più resistenti. La scoperta è importantissima dal punto di vista entomologico ma soprattutto contribuisce a risolvere il problema dello smaltimento della plastica ed è stata fatta da ricercatori italiani, spagnoli ed inglesi.
La scoperta
La scoperta, del tutto casuale, è della biologa italiana Federica Bartocchini. La ricercatrice, che lavora per il Cnr e l’Istituto di biomedicina di Cantabria in Spagna, stava rimuovendo le larve da 2 arnie, che cura pechè è un'apicultrice per passione, quando ha notato che i sacchetti di plastica in cui le aveva messe 14 ore prima per disfarsene, erano pieni di fori: il 23% della plastica era stato "mangiato" dai bruchi, mentre in natura il PE si smaltisce in 400 anni.
Si è accorta che l'insetto non solo ingeriva il materiale plastico ma lo biodegradava in glicole etilenico. La larva solitamente non preferisce mangiare la plastica, si adatta solo in caso di bisogno perchè riesce a metabolizzarla. La ricercatrice si è subito confrontata con Paolo Bombelli e Christopher Howe dell’università di Cambridge e insieme hanno concertato un esperimento per capire il meccanismo metabolico e il motivo della degradazione.
Sono state poste 100 larve vicino ad una busta di plastica e dopo solo 40 minuti sono comparsi i buchi; dopo 12 ore la plastica si era ridotta di 92 milligrammi: un tasso di degradazione velocissimo. Non è ancora chiaro se la digestione sia dovuta all' organismo della Camola o a qualche enzima contenuto nei batteri del suo intestino.
E' stato infatti identificato un batterio poco tempo fa, l'Ideonella sakaiensis, capace di biodegradare il polietilene tereftalato, il famoso PET, mentre la metabolizzazione del PE era stata osservata, lenta e poco efficiente, in un fungo e in un batterio intestinale di una larva di un altro insetto, la Plodia interpunctella. La Camola invece è molto più efficiente e potrebbe seriamente essere la risposta biotecnologica alla gestione dei rifiuti di polietilene.