Un recente studio di ricercatori delle maggiori università statunitensi ci informa che esiste il 90% di probabilità che, entro il termine di questo secolo, il riscaldamento globale aumenti, rispetto agli albori dell'epoca industriale, di temperature tra i 2 °C e i 4,9 °C. Gli accordi del 2015 di Parigi hanno fissato un limite di crescita pari al range 1,5-2 °C, ma ci sono poche speranze di riuscirci.
Le ricerche in merito sono state rese note sulla rivista “Nature Climate Change”,e si sono basate su diverse tipologie di analisi fornite dai climatologi.
Il team di studiosi, guidato dal Dr. Raftery, si è basato su 3 parametri per individuare gli scenari per le emissioni future, che sono la popolazione mondiale, il prodotto interno lordo per persona e la quantità di carbonio emessa in rapporto ad ogni dollaro di attività economica, ovvero l'intensità di carbonio.
Le proiezioni e le statistiche sono state estrapolate da 50 anni di dati registrati e prevedono un valore di riscaldamento di 3,2 °C che si avrà entro il 2100. Non è l'aumento della popolazione ad avere il maggior impatto sul cambiamento climatico, dal momento che la maggior crescita in termini di individui si avrà in Africa dove non si utilizzano petrolio, metano e derivati se non in minima percentuale.
Il parametro che ha più peso sulla temperatura è l'intensità del carbonio ed è qui che si deve intervenire con le norme di riduzione delle emissioni.
Le osservazioni del clima
Un altro studio condotto da ricercatori di Amburgo e del Colorado si è basato sulle osservazioni del clima del passato, sulla permanenza della CO2 in atmosfera e l’inerzia termica degli oceani, cioè la loro variazione di temperatura in seguito a sollecitazioni termiche.
Secondo gli studiosi le emissioni di anidride carbonica in futuro non faranno altro che aggiungere ulteriore riscaldamento a quello già accumulato. Se le emissioni di tutti i combustibili fossili si fermassero già nel 2017, nel 2100 avremmo un aumento di 1,3 °C, per cui anche fermandosi il contenimento prefissato a Parigi sarebbe difficile da attuare.
Se inoltre l'attuale andamento verso temperature maggiori dovesse continuare ci sarebbe un significativo incremento della mortalità per l’inquinamento atmosferico. Nel 2030 potremmo avere 60.000 morti e 260.000 nel 2100, solo perché le temperature più alte accelerano le reazioni chimiche alla base della formazione di ozono e il particolato fine, oltre a determinare problemi di salute per stress termico, diminuzione dell’acqua potabile, eventi meteo estremi e malattie infettive.