Questa è una settimana pregnante per chi si interessa al lotta alla crisi climatica. Se pochi giorni fa sono stati consegnati gli Earthshot Awards, pensati dal principe William e dalla consorte Kate Middleton, per ricompensare e aiutare quelle iniziative che mirano a combattere la crisi climatica, ieri l'Onu ha respinto la richiesta degli ambientalisti di perseguire i capi di stato che hanno peggiorato la situazione in quanto colpevoli di crimini contro i più piccoli.

Se a fine mese inizierà il Cop26, il summit internazionale ambientalista più grande e più affollato di sempre, i cui membri sono gli Stati appartenenti alle Nazioni Unite, oggi la notizia che ci fa tornare a parlare della crisi climatica e del riscaldamento globale viene dalla Columbia University.

La crisi climatica e i problemi renali

È da qui infatti che la Dottoressa Cecilia Sorensen lancia un'allarme che collega la crisi climatica a una futura "Epidemia di malattie renali". Questa crisi sembra essere già cominciata per i lavoratori delle zone calde. Se prima questo fenomeno causato dalla crisi climatica ha coinvolto i lavoratori di El Salvador e Nicaragua, ora i dati mostrano un aumento di malattie renali in Sud Africa, India, Nord e Sud America e nel Medio Oriente.

Come riportato anche su The Guardian, il problema con le malattie renali è che la scoperta da parte del paziente di avere la malattia potrebbe arrivare quando è già troppo tardi in quanto i reni, importanti organi responsabili della gestione dei liquidi nel corpo, vengono colpiti piano piano in una maniera che, negli stadi iniziali, non produce sintomi.

Questo porta le malattie renali causate dalla crisi climatica a venire, almeno all'inizio, confuse con infortuni avuti sul luogo di lavoro. Proprio per questo, secondo i dati raccolti da Sorensen, un paziente non può rendersi conto della propria malattia se non quando è agli stadi finali e più gravi.

La dottoressa Sorensen è però attenta a sottolineare che la cosa più importante da fare è cominciare a interessarsi a questo problema che al momento sta venendo ignorato.

“Penso che non abbiamo idea di quale sia la portata del problema perché non stiamo facendo nessuna sorveglianza al riguardo" ha dichiarato la direttrice del Consorzio Globale per l'Educazione Climatica e Sanitaria della Columbia University. E ancora: "Ci sono alcune regioni che sono chiaramente punti caldi ma in termini della sua prevalenza e di quanto serio è il problema, non penso nemmeno che abbiamo cominciato a rendercene conto.”

Gli effetti della crisi climatica sui lavoratori

Cecilia Sorensen mette però in guardia anche sulle implicazioni e le cause socioeconomiche di questa "Epidemia di malattie renali" causata dalla crisi climatica, in quanto i più colpiti sono i lavoratori delle zone calde le cui condizioni, secondo i dati da lei raccolti, sono quei lavoratori che vengono da una vita più umile e disagiata.

Da quanto si deduce dalle statistiche raccolte dalla Columbia University un lavoratore rischia maggiormente di ammalarsi se, oltre a lavorare in una zona calda, lavora per più ore, facendo straordinari per lavorare nelle piantagioni da zucchero.

“Si stanno ammalando per quello che stanno facendo, ma loro non hanno altre opzioni, e c'è molta poca sorveglianza regolatoria nel luogo di lavoro che prevenga ciò dall'accadere. È un enorme punto cieco e un problema di diritti umani” ha dichiarato Sorensen.

Vent'anni di lotta contro gli effetti della crisi climatica

Ad affiancare la ricercatrice americane nelle sue ricerche c'è anche il Dottor Ramón García Trabanino, un nefrologista e direttore medico del Centro di Emodialisi di El Salvador, che è stato il primo a notare, vent'anni fa, un numero insolitamente alto di Malattie Renali di Provenienza Ignota tra i pazienti del suo ospedale.

“Erano giovani uomini” ha dicihiarato Trabanino “e stavano morendo perchè non avevano i fondi o la capacità di dar loro trattamenti dialisi. Abbiamo fatto il meglio che potevamo, ma loro continuavano a morire e [nuovi casi] continuavano ad arrivare.”

In questi vent'anni il Dottor García Trabanino ha continuato a monitorare la crescita dei casi di Malattie Renali di Origine Ignota in altri stati sudamericani e nordamericani come Messico, Nicaragua, Panama e Cosa Rica.

“Se dai un'occhiata alle mappe delle massime temperature nella regione dell'America Centrale noterai che corrispondono alle regioni che noi definiamo punti caldi per la malattia” ha continuato Trabanino. “In El Salvador e Nicaragua ogni hanno abbiamo un conflitto su quale sarà il Paese con il più alto numero di morti per Malattie Renali di Causa Ignota.

I nostri tassi di mortalità sono 10 volte più alti di quelli che ci dovremmo aspettare. Il numero di nuovi pazienti è scioccante”.

Nonostante i ricercatori concordino nel riconoscere all'esposizione alle nuove alte temperature causate dal riscaldamento globale, sono anche propensi a identificare mal nutrizione, predisposizione genetica, povertà ed esposizione a sostanze chimiche usate in agricoltura, così come fattori di natura sociale.

Il Professor Richard Johnson della Scuola di Medicina della University of Colorado ha dichiarato: “Quello che è meno chiaro è il fatto che il ricorrente stress da caldo non solo un problema nelle piantazioni di canna da zucchero del Nicaragua. Anche nelle nostre società non è apprezzata la possibilità che lo stress da caldo e la deidratazione giochino un ruolo ne [la diffusione de] le malattie renali.”

Il professor Tord Kjellstrom del Centro di Epidemiologia e di Salute Popolare dell'Australian National University ha dichiarato che secondo lui lo stress da caldo non sta ricevendo l'attenzione di cui ha bisogno all'interno dei dibattiti riguardanti come mitigare gli effetti peggiori della crisi climatica.

“Mentre il numero e la intensità dei giorni caldi aumenta, più e più lavoratori si troveranno a confrontarsi con sfide sempre più grandi per evitare lo stress da caldo, particolarmente i due terzi della popolazione globale che vivono nelle zone tropicali e sub tropicali. La stanchezza da caldo minaccia i mezzi di sussistenza di milioni e mina lo sforzo di ridurre la povertà" ha dichiarato Kjellstrom.

Il Riscaldamento Globale è una seria minaccia sia alle vite dei lavoratori che ai mezzi di sussistenza di milioni di persone. Le emergenti politiche sul clima devono tenere conto di ciò se vogliamo avere la minima possibilità di fare i conti con quanto sta per succedere.”