Fino a poco tempo fa, in Zimbabwe il frutto del baobab era consumato solo per integrare e variare l'alimentazione di routine, ma mai era stato considerato una fonte di reddito. Ma questo sta cambiando, grazie alla crescita della domanda di questo frutto in Europa e negli Stati Uniti. Il frutto del baobab ha una forma ovoidale e la buccia legnosa simile a quella delle noci di cocco. La polpa è secca, di sapore aspro e acidulo. È un rimedio naturale che aiuta la cura di malattie infettive come la malaria o la gastroenterite, anche perché contiene più Vitamina C delle arance.
È adatto a diete vegane e vegetariane perché ricco di calcio. Soprattutto, non contiene glutine. Il baobab è l'albero che più comunemente si associa alla flora dell'Africa meridionale, con il suo tronco largo e i rami che si estendono alla fine del tronco in direzione praticamente parallela al terreno.
Le conseguenze del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico, in particolare gli effetti disastrosi del fenomeno El Nino, ha causato in Zimbabwe, paese dell'Africa meridionale, una gravissima siccità che dura dall'anno scorso, portando alla perdita di molti raccolti. Nessuna stagione delle piogge è arrivata a salvare le coltivazioni private che spesso sono l'unica forma di sostentamento della popolazione.
È un circolo vizioso che impedisce di dissetarsi con la frutta, quando fiumi e laghi sono asciutti. Questo ha spianato la strada alla fame endemica e a una carestia che ha coinvolto 2,7 milioni di persone, il 20% degli zimbabwesi. Per fronteggiare l'emergenza sono arrivati gli aiuti della USAID (l'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale), che ha distribuito beni di prima necessità.
La raccolta dei frutti di baobab
Per queste ragioni, ultimamente, molte più persone cercano i di frutti del baobab da vendere poi a mercati, aziende agroalimentari e privati cittadini. Si tratta di un'attività che comporta grandi sacrifici, tra cui svegliarsi prima dell'alba, oltre a rischi fisici, visti i percorsi spesso impraticabili e popolati da animali pericolosi.
L'Africa, dove ci si nutre dei frutti di baobab fin dalla notte dei tempi, rimane la zona d'origine di questo albero antichissimo che ha una spiccata resistenza alla carenza idrica e agli incendi e la polpa del frutto rimane intatta, custodita com'è dall'involucro di legno. Per questa capacità di trattenere acqua al suo interno, il baobab è anche conosciuto come l'albero della vita. Grandi aree rurali, quindi, sono state impiegate per coltivare questa pianta che ha bisogno però di raggiungere i 20 anni d'età per produrre i suoi frutti.
Dopo un lunghissimo periodo di scetticismo da parte di Europa e Stati Uniti, è però recentemente cresciuta molto a livello mondiale la domanda di prodotti a base di baobab.
A tal proposito, è naya l'African Baobab Alliance, che riunisce tutti i Paesi produttori del frutto di baobab e organizza corsi formativi sulla sicurezza alimentare e anche su quella sul lavoro, convincendo i lavoratori a fare la raccolta evitando di arrampicarsi sui rami.
Ma ci sono ancora delle cose da risolvere. Lo spettro della fame costringe i produttori africani ad accettare le condizioni e i prezzi indicati dagli importatori esteri, che sono troppo bassi considerata la fatica che quest'attività comporta. Il baobab comunque arriverà presto sulle nostre tavole, e questo spicchio d'Africa può giocarsi una buona carta per la sua economia.