Aprile 1938: la Germania nazista stava mostrando all'Europa il suo vero volto e i suoi veri obiettivi, uno dei quali era la creazione di un'entità politica composta esclusivamente da popoli "ariani", cioè di etnia puramente germanica. Il primo passo era stato, nel marzo dello stesso anno, l'annessione dell'Austria, terra natia di Adolf Hitler: i nazisti austriaci, quattro anni prima, avevano vanamente tentato un 'golpe', ma gli scontri che ne erano seguiti erano costati la vita all'allora cancelliere austriaco Englebert Dollfuss, politico che si ispirava al fascismo, ma che non voleva avere nulla a che fare con il dittatore nazista.
L'annessione dell'Austria alla Germania
Salì allora al potere un nuovo cancelliere, Kurt Alois von Schuschnig, anche lui contrario ai nazisti, ma ben presto costretto a piegarsi ai voleri di Hitler e ad accettare i suoi ordini, quali l'amnistia ai golpisti e l'inserimento nel governo di tre ministri a lui graditi, pena l'invasione dell'Austria. Schuschnig le tentò tutte, ma inutilmente: l'appello ai socialdemocratici e l'indizione di un referendum sull'indipendenza del Paese fecero infuriare Hitler; Mussolini, con cui Dolfuss si era accordato anni prima per ottenere aiuto in caso di aggressione tedesca, era ormai alleato di Hitler e non mosse un dito.
E così il cancelliere finì ancor di più nelle mani del Fuhrer che gli impose di revocare il referendum e di dimettersi onde evitare l'invasione.
Al suo posto salì al potere il ministro degli interni Arthur Seyss-Inquart, fervente nazista imposto da Hitler, il quale spalancò le porte alla Wermacht e favorì l'annessione, anche grazie ad un referendum farsa. Adesso l'Austria non esisteva più: esisteva solo un grande stato chiamato Germania.
Lo sport, e soprattutto il calcio, possono fungere da catalizzatore delle masse verso il capo e così fu: il 3 aprile di quell'anno venne organizzata un'amichevole tra la nazionale tedesca, ancora non particolarmente irresistibile, e quella austriaca, all'epoca una delle più forti d'Europa grazie al suo calcio spettacolare e all'avanguardia.
La nazionale austriaca era chiamata "Wunderteam" (squadra delle meraviglie) e poteva contare su uno dei migliori giocatori di tutti i tempi, la punta Matthias Sindelar, autore di uno dei due gol con cui gli austriaci piegarono i tedeschi.
Sindelar, il campione irriverente
Questa partita sancì l'unificazione tra le due federazioni calcistiche e doveva essere un banco di prova per gli imminenti Mondiali francesi in cui i tedeschi volevano trionfare.
Sindelar, insieme all'autore dell'altro gol Karl Sesta, esultò al suo gol e non salutò Hitler e gli altri gerarchi seduti in tribuna centrale come prescriveva il protocollo. L'attaccante, inoltre, rifiutò di indossare la maglia degli invasori e continuò a sentirsi sempre austriaco. Il Mondiale fu un fiasco completo: la nazionale austro-tedesca, ma più tedesca che austriaca, arrogante e presuntuosa, venne battuta dalla Svizzera, squadra dal passato importante ma ormai in declino.
Sindelar, nato nel 1903, rimase presto orfano e iniziò a lavorare da piccolo, ma non rinunciò mai al calcio. Giocò sempre in Austria e si legò per tutta la vita all'Austria Vienna, con cui vinse due Mitropa Cup, cinque coppe nazionali e uno scudetto.
Non accettò mai di lasciare la sua squadra e il suo Paese. Fu uno degli attaccanti più forti dell'epoca, insieme a Meazza e all'ungherese Sarosi, e venne anche scelto per reclamizzare prodotti di vario tipo. Si sposò con un'ebrea italiana, Camilla Castagnola, e con lei morì nel 1939 a Vienna, in casa. La causa ufficiale fu una fuga di gas da una stufa, ma si è parlato sia di suicidio, sia di omicidio da parte dei nazisti e il fatto che fosse inviso agli invasori, unito alla sepoltura rapida e senza indagini, non fece che alimentare questa ipotesi.
Sindelar giocò nella nazionale austriaca fino all'annessione, divenendone un simbolo. Vinse una Coppa Internazionale nel 1932 e arrivò in semifinale nel Mondiale del 1934, sconfitto solo dall'Italia e da un arbitraggio poco chiaro.
Come detto, era un attaccante; agile ed elegante, andava a rete con regolarità ed era specializzato negli assist. Non cambiava mai modo di giocare, prediligendo i tocchi corti ai lanci lunghi. Chi lo vide giocare lo considerò uno dei migliori in circolazione. Non a caso è stato nominato "giocatore austriaco del secolo" e veniva definito il "Mozart del calcio".