Paulo Roberto Falcao, il 'divino', l'unico e solo 'otttavo re di Roma'. Sono in tanti i grandi calciatori che hanno vestito la casacca giallorossa, ma chi ha visto giocare il centrocampista brasiliano non ha dubbi sul considerarsi fortunato. Dopo Amadei, prima di Totti, a Falcao va il merito di aver contribuito a riportare la Roma ai vertici del calcio italiano e quello scudetto atteso da oltre quarant'anni, nella stagione 1982/83, è il 'suo' scudetto, ma anche quello di Bruno Conti, Roberto Pruzzo e del 'barone' Nils Liedholm. I romanisti più maturi lo portano nel cuore e in tanti gli hanno perdonato anche il 'grande rifiuto', il rigore non calciato nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool in un Olimpico gremito nel 1984, anche se lui ha sempre sostenuto di essersi infortunato.
Concetto che ha ribadito anche nell'intervista rilasciata al Corriere dello Sport, di questo e di altro ancora Falcao ha parlato volentieri al quotidiano sportivo romano e per molti, soprattutto in questo periodo di astinenza dal calcio, è un salutare tuffo nei ricordi.
'Gli scudetti dovevano essere due'
'Er go' de Turone' è un leitmotiv dei tifosi romanisti che si tramanda di generazione in generazione ed ha reso celebre il difensore ligure Maurizio Turone che, prima di approdare alla Roma alla fine degli anni '70, vantava una lodevole militanza con la maglia del Milan. Da difensore di gol non ne ha realizzati tanti, sono due quelli in giallorosso, ma viene ricordato per il 'non gol' alla Juventus nella sfida scudetto del 10 maggio 1981, stadio Comunale di Torino, chiusa a reti bianche.
Quel gol annullato per fuorigioco dubbio al 75' avrebbe consentito alla Roma di sorpassare i bianconeri in vetta alla classifica a due giornate dalla fine. Paulo Roberto Falcao lo ricorda come se fosse ieri in quella che era la sua prima stagione in Italia. Quando il cronista gli sottolinea che la sua Roma avrebbe potuto vincere di più, lui risponde "gli scudetti in verità dovevano essere due, vogliamo parlare del gol di Turone?" e aggiunge "è stato uno dei più grandi scandali della storia del calcio.
Arbitro Bergamo. Ti ricordi chi era il designatore ai tempi di Calciopoli, con la Juventus spedita in B? Sempre lui", dice al cronista.
'Una volta e per tutte: non tirai il rigore contro il Liverpool perché ero infortunato'
Tra i vari spunti non poteva mancare la finale di Coppa dei Campioni del 1984 e anche qui Falcao tira in ballo il direttore di gara.
"Vorrei rigiocare quella finale contro il Liverpool stando bene. Comunque anche lì, macchia arbitrale: fallo enorme di Rush su Tancredi sul gol dello 0-1". Inevitabile chiedergli del rigore non calciato, motivo di future frizioni tra lui e la tifoseria che lo aveva amato all'inverosimile. "Non ho mai capito questa polemica e lo dico una volta e per tutte: avevo dolore al ginocchio e non riuscivo a camminare, ero sotto antidolorifico e l'effetto era già finito nel corso dei supplementari. Se però fossi stato bene, Liedholm mi avrebbe fatto tirare il quinto rigore, una questione di scaramanzia dopo aver segnato nella finale di Coppa Italia contro il Torino, ma a quel rigore comunque non arrivammo".
'Non so se potevo andare all'Inter, invece potevo essere del Milan'
Falcao è uno dei tanti fuoriclasse brasiliani che negli anni '80 giocarono nel campionato italiano e in un certo senso fece da apripista a quelli che sarebbero stati i vari Zico, Socrates, Cerezo, Edinho e Junior. Si disse che per l'arrivo di Toninho Cerezo alla Roma fu decisivo il suo parere così come avrebbe chiamato anche Zico, poi finito all'Udinese. "Li ho chiamati davvero, ma non fu una mia iniziativa: Zico lo voleva il presidente Viola mentre per Toninho fu decisivo il parere di Liedholm". Nell'estate del 1983, fresco di scudetto con la Roma, tenne banco il suo possibile passaggio all'Inter che sarebbe stato 'sventato' dal 'blitz' dell'onorevole Giulio Andreotti in persona.
"Sinceramente non so se potevo andare all'Inter anche se in tanti pensano di si, ma io a Roma ci stavo bene ed è stata la mia scelta più giusta. Invece è vero che poteva prendermi il Milan nel 1980, mi aveva chiamato Rivera e la trattativa era stata avviata, ma poi furono retrocessi in Serie B e, dunque, spuntò la Roma".