Altra debacle per il Napoli di Gattuso, che nel ritorno della semifinale di Coppa Italia perde 3-1 dall'Atalanta, che accede così alla finalissima.

Il match del Gewiss Stadium si è subito incanalato nella direzione della "Dea": doppio colpo di Zapata-Pessina che tramortisce il Napoli. L'aveva riaperta Lozano, ma ancora Pessina ha poi sigillato il successo, mandando i bergamaschi in finale contro la Juve e i partenopei fuori dalla competizione.

E' tutta colpa di Gattuso?

La sentenza di Bergamo dice in realtà anche molto altro e lascia aperti molti interrogativi.

Partiamo dalle attenuanti. L'infermeria parla chiaro: Mertens di fatto è indisponibile dal 16 dicembre contro l'Inter, salvo qualche scampolo di partita che altro non ha fatto che peggiorare la sua distorsione alla caviglia. Risultato? Il belga è tornato in patria per curarsi e sono ancora incerti i tempi di recupero. Osimhen, fortemente voluto proprio dal tecnico calabrese, non sembra ancora decollare, complice anche il lungo periodo di stop per l'infortunio patito in nazionale e poi il coronavirus, contratto per una leggerezza del nigeriano. Queste assenze in attacco sono due tasselli comunque molto importanti che hanno costretto il Napoli a non poter sprigionare tutto il suo potenziale offensivo.

Tuttavia, assenze a parte, la squadra non sembra avere la "tigna" più volte predicata dal tecnico calabrese, che in alcune partite avrebbe potuto portare punti pesanti. La mancanza di un uomo di leadership (Ibra docet) che sappia tirar fuori dalle sabbie mobili il gruppo nei momenti difficili è qualcosa che Gattuso ha neanche troppo poco velatamente denunciato.

Insomma, le ragioni del momento negativo sarebbero da attribuire anche ad aspetti caratteriali.

Intanto è però innegabile che alcune scelte tattiche non si sono rivelate poi così vincenti: insistere con lo stesso sistema di gioco, piazzare Fabian Ruiz troppo lontano dal suo ruolo naturale, quel ruolo che fece le fortune del primo Napoli "ancelottiano".

E anche spendere quasi 80 milioni per Osimhen, ad oggi quasi mai decisivo, anche se ha lasciato intravedere il suo sconfinato potenziale.

E de Laurentiis?

Dal canto suo il patron Aurelio de Laurentiis continua a rinnovare la fiducia a al suo allenatore a suon di tweet, anche se - secondo alcune indiscrezioni giornalistiche - avrebbe già sondato il terreno con gli ex Mazzarri e Rafa Benitez.

Gattuso non avrebbe affatto gradito il silenzio del presidente e della società, e alla domanda sul suo presidente risponde con un perentorio "non ci ho parlato". La non adeguata considerazione dei risultati che la squadra ha ottenuto sotto la sua guida e il continuare a lavorare in un clima come quello attuale inizierebbe a essere frustrante per il tecnico.

La Juventus all'orizzonte

Intanto il Napoli e Gennaro Gattuso continuano a lavorare per la sfida contro la Juve, in programma per domani 13 febbraio alle ore 18. A conti fatti il match del "Maradona" sarà decisivo: nonostante tutto, in caso di vittoria, la squadra azzurra rimarrebbe attaccata al treno Champions.

Se il miglior Napoli si era visto fino alla gara di San Siro contro l'Inter, sarà quindi adesso la sfida con la Juve di Pirlo a rappresentare il crocevia del destino di Gattuso sulla panchina dei partenopei.