Entro la giornata di domani si saprà qualcosa di più sul futuro di Alitalia. Sarà presentato al c.d.a. convocato il 13 novembre il nuovo, ennesimo, piano industriale messo a punto dall'a.d. Gabriele Del Torchio. All'ordine del giorno, l'illustrazione delle strategie industriali prossime venture su flotta, network e operativi e, soprattutto, numeri più aggiornati sull'aumento di capitale e le sottoscrizioni dei soci delle relative quote prima della scadenza del termine di lock-up, previsto il 16 novembre.

Ad oggi sono disponibili solo 136 dei 300 milioni di euro necessari per salvare l'aviolinea tricolore dal baratro.

Al ritmo di oltre un milione di perdita netta al giorno - nel primo semestre del 2013 ne sono stati bruciati 294 -, la somma garantirà la sopravvivenza di Alitalia solo per pochi mesi. Oltretutto, il trasporto aereo sta vivendo la stagione invernale, notoriamente meno profittevole per le compagnie aeree. Altro nodo, il debito con banche e fornitori, compagnie petrolifere ed enti aeroportuali che, secondo fonti ufficiose, avrebbe raggiunto la cifra enorme di 2 miliardi di euro.

Secondo anticipazioni della stampa francese, salvo colpi di scena non verserà un euro Air France-Klm, socio di maggioranza relativa al 25% e partner industriale cui Alitalia è legata da accordi commerciali che sarebbe costoso rescindere.

Recentemente i franco-olandesi hanno svalutato a zero la loro partecipazione nella nostra ex compagnia di bandiera; ritengono cioè che non valga la pena investirci finché la struttura di Alitalia rimarrà quella attuale. Hanno inoltre chiesto una due diligence come condizione per aderire all'aumento di capitale; segno evidente che non si fidano delle valutazioni finanziarie degli italiani e ritengono la nostra compagnia a rischio di fallimento.

In questo quadro fosco il consiglio di amministrazione della Magliana approverà verosimilmente un piano di emergenza che preveda ampi tagli a flotta, rotte, numero di dipendenti e stipendi. Si parla della messa a terra di una ventina di aeromobili a medio raggio, in gran parte i vecchi Airbus A321, e di esuberi di personale entro una forchetta oscillante tra le 2.000 e le 4.000 unità.

In tal modo, il taglio dei costi, ad avviso di Boston Consulting Group, società di consulenza cui si è avvalsa Alitalia per elaborare il piano, dovrebbe incidere positivamente sui conti aziendali con un risparmio stimato tra i 250 e i 400 milioni di euro.

Resta da capire come aumentare i ricavi. E soprattutto come una compagnia che attualmente sopravvive grazie all'intervento creditizio di banche e Poste e alle garanzie del Governo, che dispone di soli 22 velivoli di lungo raggio, circa un quinto delle altre major europee, senza più una divisione cargo e che ha abbandonato l'Italia produttiva per ragioni che poco hanno a che fare col libero mercato, possa collegare il nostro Paese al mondo. Ma questa è tutta un'altra storia.