Che il regime cinese non fosse dei più teneri è noto fin dai tempi di Tienanmen quando, il 15 aprile 1989, scesero in piazza gli studenti per protestare contro la tirannia. Oggi il copione sembrerebbe ripetersi, questa volta è Hong Kong in rivolta contro Pechino per il rispetto dei diritti civili. Anche se non ci sono i carri armati, non mancano scontri, cariche, lacrimogeni e proiettili di gomma e occupazione delle strade. Si tratta della prima protesta della storia di Hong Kong, in rivolta contro Pechino per il rispetto dei diritti civili, innescatasi a seguito dell'imposizione di limiti alle prime elezioni a suffragio universale sull'isola che avranno luogo nel 2017.

Le ragioni della protesta

Il governo cinese ha limitato a 2 o 3 il numero dei candidati alla carica locale di chief executive. Questi dovranno poi essere approvati da una commissione elettorale composta da 1.400 membri nominati da Pechino. La decisione è, secondo il movimento studentesco, Occupy Central, with Love and Peace un chiaro segno che Pechino sta compiendo passi indietro nei confronti della promessa che avrebbe instaurato una democrazia politica ai sensi della Basic Law, la Costituzione di Hong Kong. L'isola, che è ad amministrazione speciale dal 1997. Bisogna anche ricordare che per ottenere il suffragio universale gli abitanti dell'isola dovettero scendere in piazza e protestare nel dicembre 2005.

L'organizzazione dei manifestanti dell'Umbrella Revolution

I manifestanti stanno dando prova di una grande capacità organizzativa: si sono presentati con ombrelli e cellophane per proteggersi dagli spray e dai lacrimogeni e le retroguardie si preoccupano di raccogliere e differenziare la spazzatura che si lasciano dietro.

La rivolta si è già guadagnata il nome di Umbrella Revolution. Tra i manifestanti spicca il Martin Lee (67 anni), veterano della lotta per i diritti democratici in Cina. Secondo Lee il governo locale sta usando la forza per soffocare la rivolta, perché pilotato e controllato da Pechino. Si dubita quindi che lo sostituirà in quanto il governo locale segue la linea dura, gradita a Pechino, la stessa usata in Tibet e nello Xinjiang.

Agli studenti si sono aggiunti anche gli insegnanti: attraverso il sindacato di Hong Kon, hanno dichiarato lo sciopero generale.

Le strategie del governo locale per arginare la protesta.

La tensione è altissima, i manifestanti non arretrano, ma nemmeno il governo locale che sta cercando in tutti i modi di arginare i manifestanti, e al contempo evitare una seconda Tienanmen. Per arginare la protesta il governo ha tentato di oscurare internet, come riportato su Twitter. L'effetto è stato contrario: i manifestanti sono aumentati a livello esponenziale. Non è servito nemmeno il rilascio del leader degli studenti scesi in piazza: il diciassettenne Joshua Wong. Sono stati 78 gli arresti. Il Governo locale è ricorso anche agli appelli televisivi e via web con i quali ha invitato la popolazione di sgombrare le strade, in caso contrario sarebbe intervenuto l'Esercito Popolare di Liberazione per riportare la calma.

Al momento queste strategie non sembrano aver dato alcun risultato. Le tensioni di Hong Kong in rivolta contro Pechino per il rispetto dei diritti civili, continuano. Si potrebbe allungare pericolosamente il fantasma di una seconda Tienanmen se il governo locale e Pechino intendessero confermare le limitazioni alle elezioni universali sull'isola.