Ben tre compagnie aeree le negarono l'accesso ai propri velivoli per il peso eccessivo e la signora Vilma Soltesz, seriamente malata, non poté tornare negli Stati Uniti per curarsi, morendo poco dopo in Ungheria, sua terra d'origine. Il marito, subito dopo la scomparsa della moglie, ha intentato causa alle aziende che nel 2012 si rifiutarono di accogliere a bordo la consorte e oggi ha vinto la sua battaglia legale ottenendo un risarcimento da 6 milioni di dollari. La sfortunata protagonista di questa storia aveva 56 anni, soffriva di una grave forma di obesità che l'aveva portata a pesare fino a 191 chili e, come se non bastasse, era affetta anche da diabete, a causa del quale avevano dovuto amputarle una gamba. Nel 2012, la signora Vilma si era recata in viaggio in Ungheria, Paese nel quale era nata. Al momento di rientrare negli Stati Uniti, suo paese d'adozione, cominciò per lei una vera e propria odissea che rappresentò l'inizio della sua fine. La donna aveva necessità di ritornare negli States perché doveva curarsi dalle diverse patologie di cui soffriva.
Il primo volo venne prenotato con la compagnia Klm. La donna per sé riservò due posti ma, una volta giunta in aeroporto, il personale di volo le impedì di partire perché gli schienali dei sedili non sarebbero riusciti a sostenere il peso della signora. Marito e moglie vennero dirottati, quindi, verso un'altra compagnia, l'americana Delma. Per arrivare a prendere quest'aereo, però, dovettero salire in auto e affrontare un viaggio di cinque ore fino a Praga, poiché quel volo decollava dalla Repubblica Ceca. Fine della storia? Macché.
Una volta giunti nella capitale ceca, i coniugi ebbero un'altra amara sorpresa: la signora Vilma non poteva salire sull'aereo perché non c'erano sedie a rotelle per trasportarla. Fu necessario, allora, contattare una terza compagnia aerea, la Lufthansa. Siccome le condizioni di salute della 56enne stavano notevolmente peggiorando, fu più difficile arrivare in aeroporto nel tempo utile per svolgere tutte le pratiche d'imbarco. Il comandante del volo dell'azienda tedesca, si sarebbe rifiutato di attendere l'arrivo della donna malata perché ci voleva troppo tempo e non aveva intenzione di creare disagio agli altri passeggeri.
Dopo tre tentativi andati a vuoto, Vilma fu costretta a restare in Ungheria, dove le sue condizioni di salute peggiorarono fino al sopraggiungere della morte a pochi giorni dai tre rifiuti subiti da compagnie aeree per l'imbarco verso gli Stati Uniti. Il marito, dopo la scomparsa della sua Vilma ha dato vita ad una battaglia legale, denunciando le tre compagnie aeree e intentando una causa che è durata circa due anni e che ora si è conclusa con un ricco risarcimento di 6 milioni di dollari in suo favore.