Il mondo intero ha espresso il suo cordoglio dopo l'attacco di mercoledì mattina al giornale satirico francese Charlie Hebdo, definito il più importante attacco terroristico in tutta la storia del Paese. Sui social network sono presto apparsi messaggi si solidarietà contrassegnati dall'hashtag #JeSuisCharlie, che è stato condiviso da più di 250.000 utenti, fra cui anche uomini politici. In molti hanno poi sentito la necessità di riunirsi per esprimere il proprio dolore, ma anche per partecipare attivamente a quella che è stata definita una lotta all'integralismo, con cartelli come 'io non ho paura'.

Nella sola Parigi più di 35.000 persone si sono raccolte nella Piazza della Repubblica con candele e messaggi e il totale ha superato le 100.000 persone contando anche le altre città francesi. Centinaia hanno partecipato anche da altre città del mondo riunendosi nelle piazze di Tolosa, Milano, Berlino, Lima, Tirana, Roma e molte altre.

La comunità internazionale è rimasta sconvolta non solo dall'efferatezza e crudeltà dell'atto, ma soprattutto per il suo obiettivo: un giornale. Già nel 2004 il regista olandese Theo Van Gogh fu assassinato per alcune immagini del suo film Submission, mentre l'attacco al giornale danese che aveva pubblicato caricature di Maometto fu sventato. Lo stesso Charlie Hebdo era stato colpito con bombe molotov nel 2010 per l'edizione intitolata Charia Hebdo.

In tutti i casi, a essere minacciata appare la libertà di parola e stampa, uno dei pilastri delle democrazie occidentali.

Giornalisti, politici e semplici cittadini hanno espresso a gran voce il loro disappunto e la loro preoccupazione per una libertà conquista così a caro prezzo. Molti hanno difeso il diritto dei giornali a informare e diffondere la realtà, il sapere e la conoscenza, specchio e voce della democrazia di un Paese.

E infatti sarebbe proprio questa democrazia ad essere il vero bersaglio, una società che rispetta i diritti altrui e che vuole i propri rispettati, un fatto difficilmente accettabile dal fanatismo.

Se i politici si sono lanciati in interviste e discorsi - alcuni sfruttando purtroppo anche l'onda del momento, con i partiti xenofobi sempre più forti - i cittadini hanno contribuito con l'unico mezzo in cui sono realmente attivi, i social network.

Ma siamo davvero tutti Charlie come in molti hanno scritto? Il giornale francese non è estraneo alla critica proprio per il fatto di essere satirico 'a tutto tondo': nessuno è mai stato risparmiato, di destra o di sinistra, protestante, cattolico, ebreo o musulmano, occidentale o non occidentale, donna o uomo che fosse.

Proprio per questo è difficile essere davvero tutti Charlie. Alcuni erano suoi oppositori fino a ieri proprio per le critiche che il giornale aveva dedicato ai loro leader o simboli. Altri si affermano difensori della "civiltà", nascondendosi dietro un concetto estremamente scivoloso, che assume differenti significati a seconda della persona e del momento proprio per la sottile linea di demarcazione fra la sfera delle proprie libertà e i diritti e il rispetto dell'altro.

Infine, alcuni (e purtroppo il loro numero è in crescita) preferiscono astenersi dal criticismo aperto, soprattutto verso persone importanti, per paura delle ritorsioni contro di loro o i loro familiari e amici. Non tutti reagiamo allo stesso modo, e indubbiamente ogni reazione violenta fa aumentare la paura e l'autocensura. Per questo promuovere il dialogo, la tolleranza, l'accettazione e, soprattutto, il rispetto dell'altro è importante, soprattutto nei nostri Paesi sempre più multietnici e multireligiosi.