L'Italia delle persone oneste in quest'ultimo periodo fa qualche passo in avanti, ma siamo ancora decisamente lontani dal definirci un Paese con una corruzione sotto lamedia europea. È quello che emerge dall'ultimo rapporto di Transparency International che ci etichetta come nazione con “gravi problemi di corruzione”, ed anche se questo voto è migliorato di un punto rispetto al 2014, non è ancora sufficiente dato che il punteggio per considerarsi quasi normali è 50. Nella classifica mondiale, dunque, saliamo di qualche posizione attestandoci al gradino numero 61 ma la vetta rimane ancora molto lontana.
Solo la Bulgaria è in una situazione peggiore, mentre tutti gli altri Paesi europei ci guardano dall'alto. Siamo messi veramentemale.
Situazione europea
Nel nostro continente i Paesipiù trasparenti si trovano al nord del mondo mentre traquellipiù corrotti continuano a figurare nazioni sconvolteda conflitti e violenza, a riprova di come le due cose siano strettamente correlate. Il'Corruption Perception Index' (indice della percezione della corruzione) dell'edizione 2015di Transparency International fornisce le proporzioni mondiali di questo fenomeno. Il 68% di tutti i Paesi presenta gravi problemi e tra questi metà sono del G20. La classifica generale vede le prime dieci posizioni occupate daDanimarca, Finlandia, Svezia, Nuova Zelanda, Olanda, Norvegia, Svizzera, Singapore, Canada e Germania (parimerito con Gran Bretagna).
E l'Italia? - Il 97 per cento dei cittadini ha l'idea che nello stivale il fenomeno sia diffuso, per il 58% di loro è molto diffuso, mentre è abbastanza diffuso per 39%. Un vecchio sondaggio realizzato da Ipsos nel 2010, è stato ripreso nel 2014 per un rapporto di Confindustria, che conferma l’allarme da parte degliimprenditori o delle aziende che, a causa di questa percezione, non investono in Italia; l'11% di loroha espresso un giudizio molto negativo sullo stato della corruzione nel nostro Paese, mentre il 51% ha un giudizio totalmente negativo.
In totalerappresentanoquasi i due terzi. Questo certifica, quindi, che la ripresa economica viene minacciata anche dalle prassi tutte italiane a cui gli investitori stranieri devono sottostare se vogliono fare azienda da noi.