Gli incidenti stradali sono purtroppo al centro di molti articoli di cronaca. Ecco perché ogni automobilista alla guida deve sempre seguire delle regole di comune prudenza e diligenza per evitare delle situazioni di rischio per sé e per altre persone. Tale obbligo assorbe pure quello di prevedere le imprudenze altrui (automobilisti, motociclistie pedoni compresi) al fine di evitare illecite condotte. Anche la giurisprudenza maggioritaria ha delineato in materia di circolazione stradale i contorni del principio dell’“affidamento”. Infatti qualsiasi responsabilità in caso di incidente stradale è sempre circoscritta al concetto di “prevedibilità” dell'altrui condotta quale elemento concreto e non astratto da valutarsi di volta in volta in virtù delle caratteristiche del singolo caso.
Quindi l’automobilista non può ritenersi responsabile dell’incidente stradale qualora l’altrui comportamento non era infatti anticipabile ed altrimenti evitabile. E’ proprio sul tema, la Corte di Cassazione con sentenza n. 21581 del 24 maggio nel confermare l’orientamento maggioritario ha inoltre ricordato che per stabilire la responsabilità di un incidente stradale occorre sempre procedere ad una scrupolosa ricostruzione dei fatti.
Il caso: motociclista che guidava a fari spenti viene investito
La sentenza in commento ha avuto come protagonista un motociclista che è stato mortalmente investito da un'auto. Nnon si era accorto dell'arrivo della moto ed aveva effettuato una svolta a sinistra senza però prima dare la precedenza.
Il guidatore aveva altresì seguito una traiettoria impegnando la corsia di marcia opposta su cui procedeva il motociclista, creando pericolo per gli utenti della strada. L’automobilista viene quindi citato in giudizio e condannato dal Tribunale e dalla Corte d’Appello ad un anno di reclusione per omicidio colposo ex articolo 589 c.p.
con l’aggravante di avere omesso di effettuare la manovra di svolta con la prudenza necessaria e senza dare la precedenza alla moto. Dopo il ricorso in Cassazione, i giudici di Piazza Cavour però hanno ritenuto che l’evento dannoso non fosse prevedibile neanche con l’ordinaria diligenza. L'avvicinamento improvviso della moto e la condotta imprudente tenuta da motociclista hanno infatti condotto gli Ermellini a ritenere che la responsabilità per lo scontro mortale non era esclusivamente imputabile all’automobilista.
Le motivazioni sottese a tale decisione sono da rinvenirsi in primis nella presenza di alcuni elementi potenzialmente decisivi per provare la non evitabilità e prevedibilità dell'incidente da parte del presunto responsabile. La moto infatti procedeva di notte ad una velocità molto elevata, inoltre benché l'illuminazione pubblica della strada e la visibilità erano scarse il motociclista guidava a fari spenti. Ad avviso dei giudici di legittimità tali circostanze, rendendo imprevedibile l'avvicinamento della moto, possono di conseguenza portare ad escludere la responsabilità dell'automobilista per l’incidente mortale.
Le motivazioni: la responsabilità presuppone la prevedibilità dell’evento
I giudici di legittimità hanno inoltre sottolineato attraverso un passaggio importante delle sentenza che le dichiarazioni di un testimone che aveva riferito che la vittima viaggiava a fari spenti dovevano considerarsi fonti di prova ineccepibili sul piano logico e quindi non presuntive.
Ne consegue che ha errato la Corte di Appello nel ritenere che tale testimonianza fosse non decisiva per valutare la concreta evitabilità dello scontro mortale verificatosi. La Cassazione, quindi nell’ottica del rispetto del principio di colpevolezza e del giusto processo ha annullato con rinvio la sentenza ai colleghi dell’Appello che dovranno procedere ad una nuova valutazione alla luce dei principi sopra esposti. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui accanto al mio nome.