La riforma sulle procedure esecutive immobiliari, contenuta nel cosiddetto “decreto banche" pubblicato il 3 maggio in G.U. persegue la finalità di rendere più veloci i pignoramenti immobiliari, ma in pratica si agevolano i creditori più forti, come le banche. Come abbiamo illustrato in un precedente articolo del 4 maggio non a caso infatti l’istituto del patto marciano nei contratti di finanziamento offre di fatto alla banca mutuante un nuovo e più efficace strumento di garanzia alternativo all’ipoteca.
Patto marciano: i dettagli dell’istituto
Tale nuovo istituto prevede che il contratti di finanziamento stipulato tra le banche e le imprese può essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile dell’imprenditore, il tutto sospensivamente condizionato all’inadempimento del secondo.
In caso di insolvenza, il creditore (banca) può acquisire direttamente i beni mobili del debitore e li può poi vendere, senza dover incardinare una procedura esecutiva giudiziale. L’immobile oggetto di garanzia può essere di qualsiasi natura, ad eccezione dell’abitazione principale del datore di ipoteca. Il bene oggetto di garanzia resta sempre di proprietà dell’imprenditore (o del 3^ datore), mentre il trasferimento sotto condizione sospensiva viene trascritto nei Registri immobiliari, rendendo cosi’ infruttuosa ad es. la trascrizione successiva di un pignoramento. Per l’inadempimento è necessario che il mancato pagamento si protragga per più di 6 mesi dalla scadenza di almeno 3 rate. Il creditore dopo l’inadempimento, notifica una dichiarazione di volersi avvalere del patto marciano appunto.
Decorsi 60 giorni, egli chiede al presidente del tribunale la nomina di un perito per la stima dell’immobile. Se il valore dell’immobile è superiore al debito, il passaggio di proprietà si ha quando la banca paga al debitore la differenza tra il valore peritato e l’importo del debito.
E' beneprecisare che tale norma è retroattiva ovvero riguarda anche i contratti di mutuo in corso rinegoziati
Pignoramenti e immobili all’asta: svenduti in 6 mesi
Il DL n.59/16 ha inciso non poco anche sulle aste giudiziarie. Nello specifico viene previsto che il tribunale può disporre massimo tre esperimenti di vendita, ognuno con un ribasso di un 1/4 rispetto al precedente prezzo.
Qualora tutti dovessero andare deserti, il magistrato potrà disporre una quarta asta che quindi è facoltativa, riducendo addirittura il prezzo dell’immobile fino al 50%. Ne consegue che si tratta di una soluzione che mira alla svendita dell’immobile pignorato. La normativa ha inoltre efficacia retroattiva. Quindi si applica anche a tutti i pignoramenti immobiliari (anteriore alla riforma) ed ancora in corso, e per quelli in cui sono svolti tre esperimenti d’asta, che quindi possono essere “chiusi al ribasso” dal giudice. Tale procedura dovrà poi durare massimo 6 mesi (art. 591 c.p.c).
La riforma ha inoltre inserito un nuovo articolo, il 590-bis nel cod. proc. civ. che ammette la partecipazione all’asta giudiziaria per conto di terzi.
Quindi qualsiasi offerente, comprese le banche possono partecipare all’asta riservandosi, dopo di indicare il nome di un 3^ soggetto, effettivo acquirente. Nello specifico quindi la banca a cui è stato assegnato l’immobile, ha 5 giorni di tempo per indicare il nome di un 3^ a favore del quale deve essere trasferito ed intestato l’immobile (magari una sua società controllata o che fa parte del medesimo gruppo). In pratica può mettersi in atto il seguente meccanismo: la banca, prima finanzia la vendita dell’immobile, poi lo acquista all’asta a un valore dimezzato, attraverso una propria società immobiliare, o direttamente e poi procede a rivenderlo. E nel momento in cui l’immobile acquistato all’asta viene rivenduto entro anno, la banca non ci pagherà l’imposta di registro ( 9% ) ma, solo un’imposta fissa di 200 euro. Una misura che quindi asseconda non poco gli interessi del mondo degli istituti di credito.