La caparra confirmatoria non è altro che un anticipo sul prezzo da versare a fronte del bene o servizio che si intende acquistare. Essa non è però rimborsabile così come l’acconto e ha funzione e natura risarcitoria. Infatti così come dispone l’articolo 1385 cod. civ. se la parte che ha dato la caparra è inadempiente ( l'acquirente), il venditore può trattenere la stessa e recedere dal contatto. Viceversa se il venditore non vuole vendere più allora scatta l’obbligo di restituire il doppio della caparra ricevuta all’acquirente. Per tale motivo è sempre bene che le parti precisino per iscritto e quindi nel contratto di compravendita o preliminare la somma data come caparra.

La Corte di Cassazione con la sentenza n.11307/2016 ha stabilito che la caparra confirmatoria concordata nel preliminare di compravendita è sempre soggetta ad imposizione diretta. Ciò perchè la prestazione principale, ovvero l’acquisto, pur non essendo stato concluso con esito positivo, costituisce reddito per il venditore. La Corte di legittimità ha statuito quindi l’assoggettamento ad Irpef, in quanto tale caparra è considerata come plusvalenza imponibile.

La vicenda giudiziaria all’attenzione della Cassazione

La vicenda da cui trae origine la sentenza ha riguardato il ricorso proposto dal contribuente, contro l’avviso di accertamento, ai fini dell’Irpef, legato all’incasso di una somma di denaro a titolo di caparra cofirmataria appunto, convenuta nel preliminare di compravendita.

Sia i giudici della Commissione Tributaria Provinciale sia la Commissione Tributaria Regionale hanno però respinto le doglianze del contribuente ritenendo che la caparra rientrava nelle ipotesi disciplinate dell’articolo 6, comma 2, del Tuir. (T.U. sulle imposte sui redditi) Tale articolo considera redditi anche “le indennità percepite quale risarcimento di danni che consistono nella perdita di diritti”.

Ne è seguita la conferma della Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso proposto dal contribuente, ritenendo infondati i motivi dell’impugnazione, sottolineando che tale somma versata a titolo di caparra avrebbe generato redditi tassabili.

Il richiamo ad un importante precedente

Gli Ermellini si sono appunto soffermati sulla funzione della caparra cofirmataria ovvero quella di tutelare le parti in caso di inadempimento contrattuale.

Ai fini delle imposte dirette, l’incameramento della caparra a seguito dell’inadempimento contrattuale dell’altro contraente, riveste la natura di componente positivo di reddito in quanto si considera sostitutiva del mancato reddito. I giudici di legittimità per quando riguarda invece l’assoggettamento ad Iva hanno precisato che essa non ha rilevanza se dopo l’adempimento le parti convengano per la restituzione della somma. Viceversa la caparra assume rilevanza ai fini Iva qualora venga imputata in “conto prezzo”, per l’adempimento del contratto, proprio perché costituisce parte del corrispettivo della prestazione o cessione. In tal caso, il venditore emette fattura sull’intero prezzo pattuito dalle parti. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui accanto al nome